Quella nuttata che ancora ha da passà. L’immortale Eduardo riletto (impeccabilmente) da Rai1

In onda il 18 dicembre in prima serata su Rai1 e RaiPlay il nuovo adattamento del grande classico di Eduardo De Filippo, “Napoli milionaria!” stavolta per la regia di Luca Miniero. Con Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera nei panni dei coniugi protagonisti, una recitazione di altissimo livello, per un’opera dalla confezione impeccabile. E un messaggio universale, la potenza di corruzione del denaro, sempre attuale …

Cosa c’è di meglio per rilanciare una Rai in crisi di prestigio e di ascolti che agganciarsi a un maestro indiscutibile come Eduardo De Filippo? Di certo RaiFiction è andata sul sicuro, si potrebbe dire un usato sicuro senza offesa per il grande maestro, ripescando una delle sue commedie immortali, quella Napoli milionaria scritta nel 1945 che debuttò al Teatro San Carlo di Napoli il 15 marzo 1945 e lanciò nel mondo la sua famosissima invocazione finale: “Ha da passà ‘a nuttata”.

Questa seconda trasposizione televisiva, dopo quella del 1962 diretta e interpretata dallo stesso autore, debutta lunedì 18 dicembre in prima serata su Rai1 e su RaiPlay con la regia di Luca Miniero, Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera nel ruolo dei protagonisti, a un anno dalla loro prova in Filumena Marturano e in Imma Tataranni Sostituto procuratore, serie tv trasmessa da Rai1 a partire da ottobre 2019.

Ricordiamo inoltre che Napoli milionaria è stato un film diretto e sceneggiato dallo stesso Eduardo De Filippo nonché un dramma lirico in tre atti con libretto dello stesso autore e musica di Nino Rota, che debuttò al Festival dei Due Mondi di Spoleto il 22 giugno 1977.

La storia è nota: Amalia, il marito Gennaro Jovine e i loro tre figli vivono in un basso napoletano durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale e cercano di affrontare le difficoltà quotidiane riparandosi dai bombardamenti e ricorrendo a commerci più o meno leciti.

Ma, mentre Gennaro cerca di non perdere la bussola morale fino a quando viene catturato dai tedeschi scomparendo senza lasciare traccia, Amalia non ha scrupoli a sfruttare la borsa nera e non è insensibile alla corte del contrabbandiere Errico Settebellizze (Michele Venitucci), suo fornitore di beni proibiti.

Quando è ormai dato per morto, Gennaro ricompare nel vicolo, sporco, malridotto e provato dalle esperienze della guerra in prima linea. Il suo ritorno sarà l’occasione per toccare con mano i detriti lasciati dal conflitto che sta per concludersi, per vedere il fondo dell’abisso morale in cui è precipitata la sua famiglia e infine per cogliere l’occasione di una redenzione quando tutto ormai sembra perduto.

Difficile mettere in dubbio l’universalità del messaggio contenuto in questa commedia di Eduardo De Filippo, soprattutto oggi che sono in corso due guerre ai confini dell’Europa, per quanto vissute qui da una certa distanza. Certamente Napoli milionaria ha qualche tratto consolatorio, edificante e “nazional popolare” che forse è poco attraente per le giovani generazioni ma è del tutto in linea con la sensibilità (e anche l’età anagrafica) del pubblico di Rai1.

Ciò detto la confezione è impeccabile, la recitazione di altissimo livello, soprattutto quella di Massimiliano Gallo che non fa rimpiangere Eduardo De Filippo, e quella di Vanessa Scalera che rinverdisce la lezione di Anna Magnani e di Sofia Loren. Da ricordare quello che è forse il protagonista principale del film, il vicolo Scassacocchi, a Spaccanapoli, in cui si svolge quasi tutta la scena. Che è poi il vicolo in cui era cresciuto Totò, citato anche nel film Napoli Milionaria di Eduardo De Filippo dove il personaggio di Pasqualino Miele (interpretato da Totò) abitava al quinto piano del numero 17. E che fece da sfondo a una famosa parodia della Smorfia, il gruppo comico di Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro, trasmessa in tv nel 1980: “Al Vicolo Scassacocchi, un vicolo notoriamente tranquillo e pacifico…, dove la gente era intenta alle normali attività, quali mangiare la pizza e suonare il mandolino, regnava incontrastato Don Gennarino Parsifàl…”.