“Questo è un uomo”, ritratto (televisivo) di Primo Levi. Su Rai1

 

Ha il volto intenso di Thomas Trabacchi il ritratto di Primo Levi, targato Rai Fiction, in onda in prima visione su Rai1 sabato 30 gennaio alle 22.45 in occasione del Giorno della memoria.

Firmata da Marco Turco (abile narratore per la tv di personaggi chiave della nostra storia da Rino Gaetano a Basaglia, con un’unica défaillance: la Fallaci) e prodotta da Red Film, la docufiction da un soggetto di Salvatore De Mola, ha come titolo Questo è un uomo ad evocare il capolavoro dello scrittore che gli ha reso la notorietà planetaria, ma allo stesso tempo dove la perdita del “se” ne dichiara la volontà di non esserne certo un adattamento, ma un escamotage narrativo…

È l’uomo Primo Levi, infatti, che racconterà Marco Turco evocando lo scrittore (chimico) torinese che ha narrato al mondo l’orrore dei lager e che il 31 luglio avrebbe compiuto 101 anni.

Si tratta di una biografia completa che ripercorre tutte le più importanti tappe dell’autore, romanzi compresi, come quelli da antologia del Novecento, La tregua (portato al cinema da Franco Rosi), La chiave a stella sul lavoro e lo stesso, Se questo è un uomo, libro prima scartato e poi reso un successo internazionale dalla Einaudi, con la prefazione di Calvino nel ’56.

Punto di partenza del racconto televisivo ambientato nel 1982, cinque anni prima della sua morte, scelta da Levi buttandosi al fondo della tromba delle scale del suo palazzo torinese – anche se c’è ancora chi parla di incidente – è una sua passeggiata in montagna nel corso della quale si sloga una caviglia. Solo e in pericolo ai margini di un burrone Primo viene portato in salvo da un uomo misterioso che gli offre cure e ospitalità nella sua baita.

È a lui che Levi racconta la sua storia: l’infanzia a Torino, la scuola, le leggi razziali e la breve parentesi nella Resistenza fino all’arresto avvenuto il 13 dicembre del 1943, con la decisione di dichiararsi ebreo piuttosto che partigiano ed evitare così di essere fucilato.

Primo Levi viene prima internato nel Campo di Fossoli, poi deportato ad Auschwitz il 22 febbraio del 1944, dove rimarrà fino al 1945. Quando torna a Torino seguirà «il bisogno di raccontare agli altri e di farli partecipi» di quanto fosse successo nei campi di sterminio: «Il libro — continuava lo scrittore — era stato scritto per soddisfare questo bisogno; in primo luogo quindi a scopo di liberazione interiore».

Il racconto è integrato dalle interviste di chi ha conosciuto Primo Levi e ne ha compreso aspetti umani essenziali: Marco Belpoliti (scrittore e studioso di Primo Levi), Edith Bruck (scrittrice testimone, amica-sorella in sorte di Primo Levi), Noemi Di Segni (Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane), Anna Foa (storica), David Meghnagi (psicoanalista e scrittore), Moni Ovadia (uomo di teatro, attivista dei diritti civili e sociali), Giovanni Tesio (docente e critico letterario).