Squali della finanza o santi. Storia (edificante) di Ennio Doris, il socio di Berlusconi

In sala (per Medusa) il  15-16-17 aprile, “Ennio Doris” (sottotitolo C’è anche domani) di Giacomo Campiotti, tratto dal romanzo autobiografico “C’è anche domani” scritto da Ennio Doris e Leopoldo Gasbarro (Sperling & Kupfer 2014). Il film è una celebrazione di Ennio Doris (coi panni di Massimo Ghini) self made man della provincia veneta contadina, direttore di Mediolanum, socio di Berlusconi che, all’indomani del crac finanziario del 2008, rimborserà gli azionisti al verde a causa del crollo dei titoli tossici. Così racconta il film. Una storia scivolosa di cui francamente non si sentiva l’urgenza cinematografica …

Un film tratto da un libro intitolato C’è anche domani, che esce al cinema come evento speciale il 15-16-17 aprile (per Medusa) proprio quando imperversa nelle sale il celebratissimo C’è ancora domani di Paola Cortellesi, non poteva che nascere sotto la stella dell’ambiguità.

E infatti il film Ennio Doris (sottotitolo C’è anche domani) di Giacomo Campiotti con Massimo Ghini e Lucrezia Lante della Rovere, tratto dal romanzo autobiografico C’è anche domani scritto da Ennio Doris e Leopoldo Gasbarro (Sperling & Kupfer 2014), non può che dividere il pubblico in due fazioni: quelli sensibili a un certo modello italiano di successo tipico della Milano da bere anni 80, molto nordico, molto finanza creativa e danè, ma anche richiamo a principi saldi e tradizioni contadine – un po’ Novecento di Bertolucci, un po’ Berlusconi senza côté donnaiolo e in odore di mafia – e quelli semplicemente estranei a quella stagione, a quei valori e a quel modello antropologico. L’Italia di Canale 5 contro l’Italia di Sandro Curzi e Rai3, dato che parliamo del decennio del boom delle televisioni, private e non.

Ci voleva quindi una certa dose di coraggio e temerarietà per cimentarsi con il ritratto (l’autoritratto) di un personaggio come Ennio Doris, self made man della provincia veneta contadina che in pochi anni si trasforma da impiegato di banca con idee innovative a consulente finanziario, gestore di fondi, direttore di Mediolanum, socio di Berlusconi e operatore finanziario-assicurativo globale con un patrimonio fuori misura.

Il film di Giacomo Campiotti ripropone l’autocelebrazione di Ennio Doris attraverso una sovrapposizione di piani narrativi e il continuo rimando a epoche diverse, l’infanzia povera e contadina, la maturità sentimentale e lavorativa sempre ancorata alla famiglia e ai valori tradizionali fino alla data fatidica del 2008, quando il fallimento della Lehmann Brothers consentirà al protagonista di mostrarsi generoso e coerente rimborsando a proprie spese gli azionisti che avevano confidato in lui e perso i loro risparmi a causa del crollo dei titoli tossici.

Un eroe? O non piuttosto l’unico finanziere o bancario che non si è comportato da squalo seguendo il modello dell’amico e sodale Silvio Berlusconi, la cui gigantografia campeggia nel museo della fondazione Mediolanum?

Il film che narra questa storia così scivolosa, di cui francamente non si sentiva l’urgenza cinematografica, funziona solo grazie alla bravura degli attori protagonisti che interpretano Ennio Doris e la moglie Lina nelle loro diverse età, oltre che alla ricostruzione meticolosa delle epoche e degli ambienti.

Meraviglia che un regista bravo come Giacomo Campiotti, che ci aveva da poco convinto per come aveva trattato una storia controversa come la caduta del fascismo in La lunga notte, si sia voluto cimentare in questa prova, lasciandosene irretire al punto da cadere nel più vieto degli autocompiacimenti, quando fa incontrare nell’apoteosi finale tutti gli attori protagonisti, grandi e piccini. Ce n’era bisogno?