“Sui marciapiedi”, torna a risplendere il noir puro di Preminger

Il film di Otto Preminger del 1950 al cinema in versione restaurata digitale, distribuito da Lab 80. Ispirato al romanzo “Night Cry” di William L. Stuart, fu scenegggiato da Ben Hecht costretto a firmarsi sotto pseudonimo a causa del maccartismo. Al tempo della fine dei cineclub, è il caso di concedergli una visita …

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New York. Mark Dixon (Dana Andrews) è un poliziotto dai metodi violenti, ripetutamente richiamato dai superiori. La sua fissazione si chiama Scalise (Gary Merrill), gangster intelligente e spietato che da anni non riesce ad incastrare. Quando per fatalità Dixon uccide un uomo, sospettato di omicidio, trova la chiave di volta: nascondere il corpo e far ricadere la responsabilità della scomparsa proprio sullo stesso Scalise, in modo da inchiodarlo a processo. Allo stesso tempo, però, Mark si innamora dall’ex moglie della vittima (Gene Tierney).

È un noir puro Sui marciapiedi di Otto Preminger, che dal primo dicembre è tornato nelle sale italiane in versione restaurata digitale distribuito da Lab 80 (qui l’elenco delle sale in aggiornamento).

Where the Sidewalks Ends, è il titolo originale, uscito nel 1950, fa parte del nuovo “Happy Returns!” a cura proprio di Lab 80, dedicato alla distribuzione di film classici che finalmente tornano in sala.

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Il film fu tratto da un romanzo: Night Cry di William L. Stuart, poliziesco uscito nel 1948, qui riadattato per Preminger dallo sceneggiatore Ben Hecht, costretto a firmarsi sotto pseudonimo negli anni del maccartismo. Il cineasta austriaco naturalizzato americano, dopo le pellicole degli anni precedenti (in particolare il capolavoro Laura del 1944, in italiano Vertigine, titolo fondativo del noir) dirige ancora la coppia di attori Andrews-Tierney: con loro compone un sontuoso esercizio di genere in cui, al solito, i codici del cinema americano si mescolano allo sguardo esterno, europeo, in un ibrido che costruisce la sua peculiarità.

Nella messinscena c’è una città in perenne dialettica tra luce ombra (la fotografia è uno splendido bianco e nero di Joseph LaShelle), un intreccio archetipico che riguarda responsabilità e colpa, il destino inesorabile e il passato che tracima nel presente. Un gioco di doppi e riflessi in tutti i personaggi, esattamente come Dixon si specchia nei criminali a cui dà la caccia. Un occhio costante alla metropoli, al suo smarrimento e alla mancanza di appigli, come dice il titolo originale, dove finiscono i marciapiedi. E l’attrazione verso una donna che è sempre raffigurata in Gene Tierney.

La casa di distribuzione ha portato nei cinema lo scorso maggio la rassegna “La diva fragile”, dedicata proprio alla Tierney, e prosegue nel progetto di riproposizione di classici in digitale. Un ciclo di film, spiega Lab 80, “che vogliamo offrire al pubblico nella bellezza del grande schermo”. Così Sui marciapiedi, oggi pericolosamente dimenticato, risplende in bianco e nero nel buio della sala: al tempo della fine dei cineclub è il caso di concedergli una visita.