Tutto è cominciato con “Ladri di biciclette”. Le confessioni di Luc Dardenne nel libro-diario
Da poco in libreria “Addosso alle immagini. Viaggio nel nostro cinema (Il Saggiatore) versione italiana del libro- diario di Luc Dardenne, in cui mette in ordine le riflessioni sul cinema e non solo condivise in tanti anni col fratello Jean-Pierre. Mentre è atteso in sala il loro ultimo titolo premiato a Cannes, “Tori e Lokita ” (esce il 24 novembre per Lucky Red) si susseguono attraverso l’Italia le rassegne dedicate al loro cinema. A cominciare dal Festival dei Popoli di Firenze che li ha accolti come ospiti d’onore ..
“Sono entrato nel cinema soprattutto con il cinema italiano. È quello che mi ha nutrito: Fellini e Rossellini. Più di Visconti”. Anche se il suo preferito, in assoluto, resta Ladri di biciclette. Parole di Luc Dardenne (nato nel 1954) che si confessa in Addosso alle immagini. Viaggio nel nostro cinema, Il Saggiatore (397 pp., 32 euro) edizione italiana (a cura di Stefania Ricciardi) del diario del cineasta belga, pubblicato in Francia in due volumi nel 2005 e nel 2015.
È una raccolta di pensieri sparsi scritti da Luc tra il 1991 e il 2005. Pensieri nati soprattutto durante i lunghi dialoghi e confronti con il fratello Jean-Pierre (nato nel 1951), inseguendo una domanda: “Come fare un film che sia davvero nostro”?
E offrendosi una risposta: “Siamo giunti alla conclusione che dovevamo smettere di inseguire un’immagine ideale del cinema, che sarebbe stato catastrofico. Ci siamo detti: che cosa sappiamo fare? Che cosa ci appartiene veramente? Ecco, scrivere mi è servito a riflettere su questo e a confrontarmi con mio fratello. E poi ho continuato anche quando, con La promesse mi è parso di aver trovato un po’ il modo di fare un film che ci somiglia, che sentiamo nostro”.
Già da quel loro folgorante esordio del ’96 – da subito una storia proletaria alla periferia di Liegi – era nato, infatti, il loro tratto inconfondibile. Quello stare Au dos (des nos images), come recita il titolo francese del libro. Sulle spalle, addosso – come recita quello italiano – attaccato al corpo dei personaggi. Stile del tutto personale che in tanti anni di successi (ben due Palme d’oro) ha fatto scuola, creando molti proseliti: il cinema alla Dardenne.
Così come la stessa scelta degli argomenti presi dalla vita di tutti i giorni, ma che in realtà di «rubato alla vita» hanno poco o nulla. Scelta, tra l’altro, da non considerare come evoluzione del loro iniziale lavoro sul documentario. I due fratelli belgi, infatti, sono «metteurs en scène» nel vero senso della parola, attenti cioè ad ogni minimo dettaglio. La realtà è lo spunto, ma il cinema la trasforma in storie con una evidente ambizione morale: raccontano la vita dalla parte degli emarginati, degli sconfitti, dei deboli, ed emerge lo sforzo di scavare dentro le evidenze delle azioni per capirne le motivazioni vere, per misurarsi con l’animo delle persone.
Appare straordinario quanto è “invisibile” il lavoro sul montaggio di Rosetta – film capolavoro che li rivelò nel ’99 con la prima Palma d’oro –, in cui la giovanissima protagonista combatte nel suo quotidiano a colpi di rabbia ed egoismo. Così è anche in L’enfant – Una storia d’amore – seconda Palma d’oro nel 2005 –: i dubbi e le pene del falegname si rivelavano tappe obbligate per traghettare un padre senza più figlio verso l’assunzione delle proprie responsabilità di educatore, come era successo, in un percorso inverso, anche in La promesse (1996). Con L’Enfant la scommessa dei due registi belgi si fa più azzardata: misurarsi con la vita stessa in uno dei suoi aspetti più assoluti e diretti, il rapporto filiale. E metterla a confronto con alcuni dei (dis)valori che la società contemporanea ha finito per privilegiare: il denaro.
È davvero un contenitore ricco di pensieri Addosso alle immagini. In cui Luc riflette anche – del resto come il loro cinema – sulla cronaca, le questioni sociali e religiose. “Il fanatismo è religioso di qualunque religione esso sia”, sottolinea per esempio a proposito di Le jeune Ahmed del 2019, il film che indaga la possibilità di uscire dalla radicalizzazione islamica per un tredicenne che tenta di uccidere la sua professoressa. Tra l’altro film profetico se si pensa alla vicenda di Samuel Paty, il docente francese decapitato da un alunno integralista.
Un terzo volume del libro-diario sarà in uscita in Francia l’anno prossimo. Intanto da noi è attesa l’uscita in sala (il 24 novembre per Lucky Red) del loro ultimo titolo, Premio speciale a Cannes: Tori e Lokita (nelle foto), ancora una storia di ragazzini, in questo caso di minori non accompagnati. Una storia di fratellanza, un’amicizia tra l’adolescente Lokita e il piccolo Tori, fuggiti dall’Africa subsahariana e arrivati in Belgio dove, sostenendosi l’un altro, cercano di integrarsi in un mondo che li respinge.
Inoltre a celebrare il cinema dei Dardenne, ancora in questi giorni, è la 63° edizione del Festival dei Popoli di Firenze che ha dedicato loro una ricca retrospettiva. E ancora un omaggio italiano è in corso fino al 17 novembre: a Roma (Nuovo Olimpia), Milano (Anteo), Torino (Massimo), Bologna (Odeon) con una selezione di titoli della loro filmografia che saranno tutti proiettati in versione originale sottotitolata. Buone visioni.
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