Un capitano nella brughiera. Mads Mikkelsen in Mostra con le mani nella terra promessa
Passato in concorso “Bastarden” del danese Nikolaj Arcel. Un dramma storico a tinte forti, cucito addosso al divo scandinavo Mads Mikkelsen. Ispirato al romanzo (inedito in Italia) della scrittrice danese Ida Jessen il film ci trasporta nella desolazione dello Jutland di metà ‘700 dove il capitano protagonista – abbondano i ritratti di “uomini veri” a questa Mostra – tenta il suo riscatto sociale nel sovrumano tentativo di rendere fertile la terra più impervia …
Lo Jutland è quella penisola danese attaccata al nord della Germania che divide il Mar Baltico dal Mare del Nord. Praticamente pianeggiante, nella parte settentrionale il paesaggio è costituito da una sorta di deserto di erica, unica vegetazione capace di crescere in una terra per gran parte sterile, dove l’estate dura poche settimane e i venti dal mare sono gelidi.
Questo paesaggio inospitale è la Terra Promessa del titolo inglese del film Bastarden portato in concorso a Venezia 80 da Nikolaj Arcel, il regista danese già candidato all’Oscar per il miglior film straniero nel 2013 con The Royal Affair, e autore del dimenticabile La Torre Nera (2017).
Corre l’anno 1755. Un capitano dell’esercito di umili origini (il divo Mads Mikkelsen) decide di cercare l’onore e il favore del Re di Danimarca colonizzando la selvaggia brughiera dello Jutland, con il progetto di trasformare la piana desertica in terra coltivabile e popolarla di coloni. Il progetto incontra lo scherno dei burocrati amministratori del Tesoro Reale che si prendono gioco del parvenu e dell’idea considerata folle: altri tentativi di sottomettere la brughiera sono falliti non solo per cause ambientali ma anche perché la zona è infestata da fuorilegge e animali selvatici. Oltre tutto Kahlen, con la sua modesta pensione cosa vorrebbe fare senza capitali? Insomma, chi crede di essere?
Ecco, in soldoni questo è l’incipit di Bastarden, un film epico la cui storia si potrebbe definire come un western nella Danimarca della seconda metà del ‘700. Gli ingredienti ci sono tutti: lo Jutland come le terre senza legge dell’Ovest americano, il colono è un ex militare con un sogno, poi c’è il crudele latifondista che vuole tutto per sé in vitù dei diritti conferiti dalla legge del più forte che nella storia è un ripugnante nobile di rara crudeltà.
Il film è l’adattamento cinematografico del romanzo Kaptajnen og Ann Barbara (inedito in Italia) scritto dalla danese originaria dello Jutland Ida Jessen e traduttrice della premio Nobel Alice Munro. “La brughiera è diversa da qualsiasi altro posto – si legge nell’incipit del romanzo -. C’è il cielo e la terra piatta. C’è desolazione e vuoto”.
Ciò che Arcel e il suo co-sceneggiatore Anders Thomas Jensen hanno realizzato qui, tra agguati e duelli, sesso e raccolti primaverili, è quindi un classico dramma scandinavo sulla fragilità umana e la rappresentazione di un passato odioso in cui i poveri non avevano alcuna difesa dallo strapotere dei ricchi, dove gli estranei come Anmai Mus, una nomade dalla pelle scura, erano perseguitati perché ritenuti pericolosi e demoniaci e di conseguenza perseguitati e, dove coloro che detenevano il potere potevano distorcere le leggi a loro piacimento.
Gli attori offrono tutti grandi capacità e credibilità nei loro ruoli. A cominciare dal protagonista, uno degli attori del momento, il Mads Mikkelsen tanto amato in Un altro giro, perfetto nei ruvidi panni di Ludwig Kahlen, l’ex soldato e poi colono in una delle lande più inospitali della Terra. Nonché il bastarden del titolo, nato dallo stupro subito da sua madre, cameriera, da parte del padrone.
Ludwig è un uomo tutto d’un pezzo per autodisciplina, ma profondamente conflittuale e imperfetto, anche se inappuntabile per fedelà, eroismo e senso etico. Quello di cui ha bisogno in quella solitudine è l’amore di una brava donna – nei western vecchia maniera sarebbe stata una tipo Olivia de Havilland – ma, ovviamente, è troppo cocciuto per rendersene conto.
La brava donna del film ci sarebbe, anzi c’è ed è Ann Barbara (Amanda Collin), la contadina scappata dalle grinfie del nobile latifondista che lavora instancabilmente al fianco di Ludwig, ma lui lo dà per scontato e ha altri progetti in mente. Ci sarebbe anche già pronta una figlia, per comporre una famigliola non male, la piccola orfana Anmai Mus (Hagberg Melina) capace di strappare gesti di tenerezza al glaciale capitano. Però le cose non vanno mai come ci piacerebbe andassero… Alt, spoiler alert!
Una cosa però si può dire ancora. Ciò che dà forza a questa storia rendendola più di un semplice western danese con spargimenti di sangue extra e anche più di un esaustivo compendio di tecnica agraria su come coltivare le patate, è che sappiamo fin dall’inizio che Ludwig si è posto obiettivi fatalmente sbagliati. Lavora senza sosta, sì, è determinato, sì, ma per raggiungere i suoi obiettivi distruggerà quasi ogni cosa buona della sua vita: questa è la sua tragedia.
Gino Delledonne
Gino Delledonne
Architetto e docente universitario a contratto. Ha collaborato alle pagine culturali di vari giornali tra i quali "Diario" e "Archivio". Devoto del gruppo garage punk degli Oblivians.
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