Un ministro a Cinecittà. La prima volta di Bonisoli negli Studios tornati allo stato
“Uno stabilimento di produzione culturale”. Il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, visita gli studi di Cinecittà, ad un anno dal loro ritorno al pubblico, con la riacquisizione del ramo d’azienda da parte del Luce. E ribadisce il “ruolo guida dello Stato nel definire le politiche di sviluppo del sistema audiovisivo italiano” …
Centralità dello Stato “nel definire le politiche di sviluppo del sistema audiovisivo italiano”. Con Cinecittà in testa, come “tassello molto importante all’interno di questo disegno”. Il neo ministro pentastellato dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, visita gli storici studi di via Tuscolana, (per la prima volta in vita sua, confessa) e rilancia a proposito del ruolo strategico di Cinecittà come “stabilimento culturale” nel panorama internazionale.
Ruolo perso negli anni funesti della gestione dei privati Abete&Co(leggi il pezzo di Vincenzo Vita), con conseguenti licenziamenti dei lavoratori, durissima vertenza ed errori a go go (come il parco a tema “Cinecittà World”), alla fine “stoppati” dalla scelta di ridare allo Stato quello che è dello Stato: riportare sotto l’Istituto Luce-Cinecittà il controllo degli studios(leggi il pezzo di Stefania Brai).
Tutto ciò accadeva esattamente un anno fa, il 3 luglio 2017, per l’esattezza, ricorda Roberto Cicutto, Ad e presidente di Istituto Luce-Cinecittà, sottolineando che il primo risultato di questo ritorno al pubblico degli stabilimenti è stata “la salvaguardia dei posti di lavoro e una prospettiva futura per i dipendenti”. Non male, aggiungiamo noi, visti i tempi che corrono.
Per il resto il rilancio, o meglio, il “cantiere Cinecittà” – lavori in corso fino al 2020 – prevede “l’unione dell’intera filiera del cinema: produzione e post-produzione, distribuzione, promozione, merchandising, eventi, attività culturali, espositive ed editoriali, formazione didattica e professionale”. Ossia un Museo Italiano del Cinema e dell’Audiovisivo (MIAC), a cui contribuirà anche la Rai (più restia, invece ad altri tipi di collaborazioni con gli Studios, più volte auspicati); Cinecittà Game Hub, per sviluppare la ricerca tra videogame e audiovisivo; il restyling di “Cinecittà si Mostra” (il set di Roma antica è bruciato recentemente) e, ancora, la creazione di nuovi teatri di posa e, soprattutto, il rinnovamento dei vecchi.
La vera sfida, poi, sarà attirare nuove produzioni: attualmente c’è George Clooney con Catch-22, la serie tv americana che l’ha portato a girare per mezza Italia. Nei mesi scorsi, invece, e per cinque mesi, i viali di Cinecittà hanno ospitato un’altra serie tv: Il nome della rosa di Giacomo Battiato, dal capolavoro di Umberto Eco. Un po’ pochino per il momento. Non è poco, però, sentir dire al ministro Bonisoli che Cinecittà “è uno stabilimento che produce cultura”. Dunque che la cultura deve tornare ad essere una priorità per lo stato. In molti lo avevano dimenticato.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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