Cinecittàfilmfest, un festival di lotta

Con Citto Maselli, Ettore e Silvia Scola e Stefania Brai di Rifondazione Comunista, per l’apertura della rassegna cinematografica in sostegno della vertenza dei lavoratori degli storici studi di via Tuscolana, impegnati da tre anni nella battaglia contro la “cementificazione” dell’ex fabbrica dei sogni…

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Quattro giorni di cinema e di lotta al Parco degli Acquedotti sulla Tuscolana a Roma. È il Cinecittà film festival, seconda edizione (dal 9 al 12 luglio 2015), organizzato in modo del tutto autarchico da Cinecittà bene comune, la Rete Territoriale del VII municipio di Roma,  a sostegno della vertenza dei lavoratori di Cinecittà Sudios.

Una vertenza lunga, lunghissima che dura da tre anni. Da quando nell’estate del 2012 i lavoratori di Cinecittà salirono sul tetto degli Studios scegliendo la via estrema dell’occupazione, contro il piano industriale messo in cantiere da Luigi Abete, ai vertici della cordata di privati “affittuari” degli  Studios, di proprietà pubblica. Un piano “di rilancio”, fu detto – e si continua a dire – che prevede la “cementificazione” di una vasta area dei teatri di posa, con hotel, parcheggi, ristoranti, oltre al licenziamento e alla cassa integrazione per le maestranze.

Da quella lontana estate, caldissima come questa, la vertenza Cinecittà “è diventata il simbolo di quello che accade più in generale nel nostro Paese”, spiega Stefania Brai, responsabile cultura di Rifondazione nel corso della serata di apertura del Festival. “Il governo e il Pd hanno abbandonato qualunque intervento in ambito culturale – prosegue – incentrando tutto e unicamente su politiche di defiscalizzazione a favore dei privati. Persino il Fus – Fondo unico per lo spettacolo – nato per finanziare le opere si è trasformato in un finanziamento alle imprese. E così per la scuola e la ricerca. Per questo non ci potrà essere alcun rilancio di Cinecittà se gli Studi non torneranno ad essere pubblici, in quanto bene comune”.

Del resto la lotta è andata avanti a fasi alterne – come ricordano Manuela Calandrini e Massimo Corridori, rappresentanti dei lavoratori –  tra incontri, promesse, impegni presi e non mantenuti da parte delle istituzioni. Si sono avvicendati i governi, i ministri dei Beni culturali, ma nulla è cambianto, nonostante la grancassa mediatica abbia parlato del ritorno delle produzioni americane a Cinecittà o del grande business – rivelatosi un flop – del parco a tema (Cinecittà World) sulla Pontina.

La loro vertenza, insomma, prosegue inascoltata, come sottolinea Ettore Scola – premiato con il Ben Hur – ricordando a inizio intervento Silvio Lanzellotti, “un operaio scomparso proprio oggi, perché il cinema non è fatto solo di autori”. “Sono venuto qui – aggiunge Scola – per sostenere i lavoratori di Cinecittà, proprio perché nessuno dà loro retta. Eppure il cinema ha contribuito ad affermare la democrazia in Italia. Oggi però sono assenti i sindacati, la politica, gli organi di stampa. Ed è una vergogna che il presidente di una banca come Abete, ai vertici di Bnl, sia pure presidente degli Studios: aprirei una vertenzaa contro di lui per conflitto di interessi. Però abbiamo un ministro come Franceschini che dice che tutto va bene!”.

“Cinecittà è un patrimonio comune che non può essere legato a logiche di mercato”, rincara Manuela Calandrini lavoratrice degli Studios, ricordando come la battaglia sia durissima perché “la finanza e i poteri forti, hanno il sostegno della politica”. Loro invece, di sostegno, hanno soltanto quello del mondo del cinema. In realtà una parte, limitata di irriducibili, come l’Anac, la storica associazione degli autori che da subito ha sostenuto la loro lotta, nell’indifferenza collettiva, dei tanti registi e produttori premiati dai botteghini, ma sordi alle battaglie culturali.

“Noi daremo battaglia – dice Silvia Scola, vicepresidente dell’Anac -. Un imprenditore che fa i suoi interessi è nelle cose. Quello che non è normale è che un governo che dovrebbe essere di sinistra lo sostenga. E che un ministro come Franceschini abbia come unico obiettivo quello di assoggetarsi agli interessi del mercato”.

Applausi a scroscio dal pubblico, mentre le sedie del festival si riempiono per la proiezione. Famiglie, anziani, ragazzini, lavoratori degli Studios, cittadini. Tanti, tantissimi a “fare rete”, dal basso, a sostenere “Cinecittà bene comune”. Perché è da qui che bisogna ripartire.