Un secolo di ribellione e poesia. Addio Ferlinghetti, dissidente romantico della Beat Generation

È scomparso a 101 anni Lawrence Ferlinghetti, poeta, pittore, editore. La sua libreria e casa editrice, City Lights, a San Francisco è stata la culla della Beat Generation. È stato l’editore di Kerouac, Corso, Burroughs, Ginsberg. È stato, soprattutto, un protagonista assoluto di quanto avvenuto negli ultimi 60 anni. Ha avuto anche un rapporto privilegiato col cinema e non poteva essere diversamente per uno che intitola la propria libreria prendendo il nome dal film di Chaplin …

Foto di gruppo di beatniks

City Lights

City Lights
“…il poeta come un acrobata/ si arrampica sul bordo / della corda che si è costruita /ed equilibrandosi sulle travi degli occhi/ sopra un mare di volti/ marcia per la sua strada/ verso l’altra sponda del giorno…”

Uno dei versi di una delle poesie di Lawrence Ferlinghetti sembra scritto apposta per questo momento: uno dei poeti della Beat Generation più autorevoli e conosciuti è morto oggi (23 febbraio).

Quella indimenticabile e così fondamentale generazione perde l’ultimo cantore. Una vita intensa e lunga, quella di Ferlinghetti. Altrove troveremo più fredde, minuziose e wikipediche biografie ma forse di lui sarebbe più utile recitare in un never ending reading le sue opere, così piene di intenso furore politico e sociale.

La sua libreria, la City Lights Bookstore, a San Francisco, era il santuario dei beatniks dove si praticava il rito della ribellione attraverso ogni forma di azione culturale e “ Fuck Art, Let’s Dance!” il mantra del suo guru.

Se il gruppo della Beat Generation ha rappresentato l’innesco per la nascita e la diffusione della controcultura degli anni ’60 e ’70 in Ferlinghetti ha trovato la voce più politicamente ispirata e combattiva. Molti descrivono quel poeta come un testimone: testimone della Beat Generation, testimone del movimento hippy, testimone della Summer of Love. Grave errore: Ferlinghetti è stato un protagonista assoluto di quanto avvenuto negli ultimi 60 anni.

Probabilmente tutto cominciò quel 7 ottobre del 1955 quando Ferlinghetti assistette ad un reading di Allen Ginsberg. Forse è quella data, quell’occasione, ad avere il senso di un’epifania. La nascita della controcultura, non solo americana.
“Sono un dissidente romantico, un romantico dissidente” dice di sé nel suo ultimo libro: Little Boy (edizioni Clichy), il memoir pubblicato in occasione del centesimo compleanno.

Ma quante cose ha fatto e ispirato questo poeta arrivato fino ad oggi, negli inarrestabili 101 anni della sua vita?
Della sua poesia sappiamo, della libreria anche, ma fu anche tanto altro: con la sua casa editrice pubblicò Howl (Urlo) di Allen Ginsberg subendo persino il carcere con l’accusa di diffondere materiale osceno per uscirne poi scagionato appellandosi, primo caso nella storia giudiziaria americana, al primo emendamento della Costituzione che sancisce la libertà di espressione. Ma fu anche l’editore di Kerouac, di Corso, di Burroughs.

Ferlinghetti ha avuto anche un rapporto privilegiato col cinema e non poteva essere diversamente per uno che intitola la propria libreria prendendo il nome da Luci della città di Chaplin. Tanto per cominciare al secondo piano della libreria, si pubblicava la rivista City Lights che trattava di cinema e altre espressioni culturali. Inevitabilmente il suo personaggio è presente in Big Sur (2013), tratto dal libro di Kerouac e in Urlo, il film biografico del 2010 su Allen Ginsberg, interpretato da James Franco. Così come la libreria è apparsa in numerosi film.

Inoltre, a Brescia nel 2019, in occasione della mostra dedicata a Ferlinghetti, il cui padre era originario di Chiari, venne proiettato il film di Giada Diano ed Elisa, Polimeni Lawrence. A lifetime in poetry del quale lo stesso Ferlinghetti era entusiasta per la fedeltà con la quale era stata restituita la sua figura di poeta.

E oggi per quella figura di poeta mite e generoso si potrebbe recitare una delle sue composizioni più tenere e tratta da Poesie (traduzione di Romano Giachetti e Bruno Marcer, Ed. Guanda):

Il mondo è un bel posto
      per esserci nati
 se non v’importa che la felicità
     non sia sempre
        così divertente
  se non v’importa un po’ d’inferno
      una volta tanto
   proprio quando tutto va bene
       perché anche in paradiso
    mica cantano
      sempre
Il mondo è un bel posto
      per esserci nati
 se non v’importa che qualcuno muoia
      tutti i momenti
   o magari solo di fame
      se non siete voi
Oh il mondo è un bel posto
     per esserci nati
  se non v’importa molto
     qualche cervello morto
   nelle alte sfere
     o una bomba o due
    di tanto in tanto
      nei vostri visi alzati
  o certe altre improprietà
     di cui è preda
    la nostra Società
      coi suoi uomini distinti
    e quelli estinti
      i suoi preti
    e altri poliziotti
      le sue varie segregazioni
  le investigazioni congressuali
      e altre costipazioni
   che la nostra carne sciocca
      eredita
Sì il mondo è il migliore posto
     per un mucchio di cose come
  far buffonate
    e fare all’amore
 esser tristi
   e cantare canzoni triviali e avere ispirazioni
 vagabondare
   guardando ogni cosa
      odorando fiori
 e dare pizzicotti alle statue
    e perfino pensare
     e baciare la gente e
  far bambini e portare pantaloni
      e agitare cappelli e
     ballare
      e andare a nuotare nei fiumi
    a fare picnic
      a mezza estate
   e insomma
     godersi la vita
Già
  ma poi sul più bello di tutto questo
       arriva sorridendo
    l’imprenditore delle pompe funebri.