Un “traditore” a Cannes. La grande lezione di storia di Marco Bellocchio

Nell’anniversario della strage di Capaci passa in concorso a Cannes e arriva nei cinema italiani (per 01), “Il traditore”, atteso nuovo film di Marco Bellocchio su Tommaso Buscetta. Un film schierato, per non dimenticare. Che, attraverso la storia – tra pubblico e privato – del pentito di mafia numero uno, evoca il primo grande scacco a Cosa Nostra. Con Favino nei panni del protagonista. Da vedere …

Mette Giulio Andreotti in mutande, letteralmente. E la magistratura la mostra afasica e impotente di fronte agli intoccabili della politica.

Marco Bellocchio a quasi ottant’anni si rivela ancora una volta il nostro autore più giovane e più libero. Offrendone una nuova prova col suo ritratto di Tommaso Buscetta in corsa per la Palma d’oro qui a Cannes e per “direttissima” nei nostri cinema, proprio nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci.

E non è un dettaglio. Il traditore, infatti, con Pierfrancesco Favino ingrassato nove chili per diventare il primo pentito di mafia che con le sue rivelazioni ha permesso l’istruzione del maxi-processo, quello che per la prima volta sfatò il mito dell’impunità della mafia, è un film per non dimenticare.

Per ricordare a questo paese dalla memoria corta che il giudice Falcone – e poi a seguire Borsellino – la mafia l’ha brutalmente assassinato in quel tragico 23 maggio del ’92, insieme alla sua scorta e alla sua compagna, per impedirgli di proseguire quella sua ricerca di verità che, grazie anche alla collaborazione con Buscetta, si stava spingendo troppo in là, avvicinandosi pericolosamente a scoperchiare i rapporti tra mafia e politica.

Prima del tritolo, infatti, erano state le calunnie a delegittimare le rivelazione del re dei pentiti e dopo, è l’assoluzione con formula piena di Andreotti a raccontare l’epilogo della storia. Una brutta storia in cui Bellocchio, infatti, non rinuncia alla sua zampata d’artista mostrando “il re nudo”, l’Andreotti in mutande accennato all’inizio, che vediamo così tra i camerini di una sartoria, ma che è il suo personale punto di vista, schierato, sulla Storia.

Con messa in scena teatrale, volutamente teatrale a sottolineare la ripetitività di un copione sempre uguale, Bellocchio firma un film di rottura con la sua precedente produzione, in cui riassume vent’anni di cronache giudiziarie legate alla vita del “boss dei due mondi”: dall’arresto in Brasile fine alla morte per malattia, nel suo rifugio negli States, ancora col fucile in mano consapevole che alla mafia non si sfugge.

Scritto dallo stesso regista con Ludovica Rampoldi, Valia Santella e Francesco Piccolo, Il traditore è un film su “commissione”, sempre per Beppe Caschetto, come il precedente Fai bei sogni da Gramelllini. Un film che mescolando con eleganza vita privata – la famiglia è al primo posto per il “boss” – lunghi momenti processuali, sparatorie e delitti, s’inscrive nella grande tradizione del nostro cinema civile.

E più che a Coppola in un facile parallelo tematico, Il traditore a momenti, come nella scena iniziale del ballo, ci sembra riportarci piuttosto nel viscontiano salone de Il gattopardo. La Sicilia, poi, è protagonista anche nella lingua, attraverso bravi interpreti come Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno), Giovanni Calcagno (Tano Badalamenti), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò). A Favino, infine, la parte del leone che, a chi sa aspettare, regalerà sul finale un momento di piena commozione.