#unannosenzaspettacolo. I lavoratori del settore tornano in piazza il 23 febbraio


Tornano in piazza le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo e della cultura – riuniti nel movimento “Professionist* Spettacolo e Cultura – Emergenza continua” –, che hanno indetto una giornata di mobilitazione nazionale per il 23 febbraio, a difesa dei propri diritti e del diritto alla cultura.

Una data simbolica, perché segna un anno esatto dal primo DPCM in cui veniva imposta l’interruzione di “manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico”. Per questo, tutte le iniziative del 23 febbraio saranno raccolte sotto l’hashtag #unannosenzaspettacolo.

A farsi interprete dell’iniziativa, è Elio Balbo, portavoce torinese di Lavoratori e Lavoratrici dello Spettacolo, che ricorda come in un anno di blocco totale del settore – che ha obbligato allo stop circa 600.000 operatori –  il Ministro della Cultura Dario Franceschini abbia fatto ben poco in termini di sostegni e ristori per il mondo dello spettacolo. “Ci auguriamo che il ministro non sia più sordo alle nostre proposte – dichiara Balbo all’ANSA – è evidente che la strada del bonus una tantum non sia quella giusta”.

La manifestazione, che vede già l’adesione di 19 città –  molte altre sono in via di conferma –, ha superato le 50 firme di realtà, gruppi, coordinamenti e associazioni, e si preannuncia ancora più estesa di quella organizzata lo scorso 30 maggio. Per far fronte alla drammatica situazione di precarietà dovuta alla crisi sanitaria, aggravata dalla recente crisi di governo, le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo chiedono che lo Stato prenda provvedimenti concreti a tutela della “sopravvivenza e della dignità di centinaia di migliaia di persone, che non possono dipendere dalle intemperanze del potere politico”.

I lavoratori, nel documento redatto in vista della manifestazione, si appellano alle istituzioni per chiedere lo “sblocco immediato e l’erogazione dei ristori rimasti in sospeso in queste ultime settimane di instabilità governativa” e la “tempestiva convocazione di un Tavolo Interministeriale che coinvolga gli operatori del settore”, oltre alla “progettazione e alla messa in atto di tutte le misure relative ai protocolli di sicurezza” in vista della riapertura, e al “sostegno delle piccole e medie realtà che si occupano di spettacolo e cultura”.

Un altro punto fondamentale, sul quale insiste Stefania Brai, Responsabile nazionale cultura di Rifondazione Comunista – partito al fianco dei lavoratori nella mobilitazione –, è il riconoscimento del “carattere intermittente del lavoro culturale: il lavoro apparentemente ‘sommerso’ è in realtà lavoro a tutti gli effetti e come tale deve essere remunerato e tutelato”.

Per rimettere al centro la cultura e liberare la sua produzione dalle logiche economiche e di mercato, è allora necessaria un’immediata “riforma strutturale, formale e fattuale” che sia in grado di garantire e proteggere in primo luogo i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, e non soltanto quelli dei grandi enti e delle grande aziende.