Il Nuovo Testamento secondo Van Dormael

In sala per I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection l’esilarante film del regista di “Toto le héros”. Al centro un Dio contemporaneo avvelenato con gli uomini che vive a Bruxelles con moglie e figlia.

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Ci vuole un bel coraggio per scrivere e girare un film come Dio esiste e vive a Bruxelles, presentato venerdì 2 ottobre nella sezione Mondocinema del festival di Internazionale a Ferrara e già campione d’incassi in Francia, Belgio e Svizzera, nonché candidato all’Oscar per il Belgio. Perché di questi tempi, con i fondamentalisti di ogni religione che stanno col mirino puntato, può essere davvero rischioso parlare di Dio in modo blasfemo e irriverente come ha fatto il regista belga Jaco Van Dormael (Toto le héros e Mr Nobody) in questo divertentissimo e a tratti geniale film di produzione franco-belga-lussemburghese.

Nel nostro caso si tratta di un Dio sgarrupato e malmostoso, che ha inventato Bruxelles come simbolo dell’umana miseria. Un Dio, impersonato da un impareggiabile Benoît Poelvoorde, che impreca contro se stesso e si ingegna a studiare tutti i modi per rendere irta di ostacoli e incline al peccato la vita dell’uomo.

Ogni giorno il buon Dio, che vive in un tugurio fuori dal mondo con moglie trasandata e una figlia in età critica preadolescenziale che a tavola non vuole far sedere alla sua destra, ne inventa una nuova nella sua stanza-bunker circondata da archivi fino al soffitto, con un computer che troneggia nel mezzo e con il quale regge le sorti del mondo: legge n. 2.013, la fila che non hai scelto sarà sempre più veloce della tua; legge n. 2014, la fetta di pane ti cadrà per terra sempre dal lato della marmellata, e via con amenità di questo genere.

Su un mobile della cucina la figura dell’altro figlio, JC, è ridotta a una statuina in posa ieratica, che ogni tanto si anima e parla con la sorella per darle consiglio. Per la madre è un oggetto da adorare in silenzio, per il padre un oggetto da riempire di imprecazioni, perché JC è sceso in terra per riscattare l’umanità, cioè l’ultimo dei pensieri di Dio.
Finché un bel giorno la figlia, che si chiama Ea (forse un richiamo alla biblica Eva), esasperata dopo l’ennesimo litigio col padre decide di manomettere il divino computer, rivelando all’umanità intera il giorno preciso in cui ognuno è destinato a morire.

Inseguita da un Dio fuori dai gangheri perché si vede fuggire dalle mani il controllo del mondo, Ea entra nell’oblò di una lavatrice che simboleggia il passaggio dall’aldilà, attraversa carponi un lungo cunicolo e si ritrova in una lavanderia pubblica immersa nel mondo di oggi. Qui andrà alla ricerca di sei apostoli che, assieme ai dodici dell’Ultima cena, formeranno il numero perfetto della squadra di baseball da sempre sognata da sua mamma, moglie di Dio, con i quali poter scrivere una nuovissima versione del Nuovo Testamento (Il titolo originale del film è Le tout nouveau testament). Da qui inizia un fuoco di fila di trovate e invenzioni incredibili, tra predestinati e candidati apostoli che cercano di occupare nel modo più vario il tempo che rimane loro da vivere. C’è chi si redime e chi si dispera. C’è quello che ha di fronte a sé decine di anni di vita e mette alla prova il destino gettandosi dai ponti e persino da un aereo senza paracadute, e ogni volta si salva nei modi più assurdi. C’è il candidato apostolo, Catherine Deneuve che, facendo con molta ironia il verso a se stessa e a King Kong, si innamora di un gorilla, fa un figlio con lui e manda a rotoli il suo matrimonio infelice.
A questo punto un esasperato Dio padre decide a sua volta di varcare la soglia del mondo. Anche lui esce imprecando dall’oblò di una lavatrice nella sala d’attesa di una lavanderia pubblica, dove un’attonita cliente se lo ritrova davanti tutto bagnato e centrifugato e lo prende a male parole. Non è che l’inizio di una serie di disavventure per il povero Dio, picchiato dai clochard a cui contende gli avanzi nei cassonetti della spazzatura, scambiato per un clandestino kazaco e costretto ai lavori forzati.
Insomma, non mancano certo fantasia e buon umore in questo film davvero curioso, pieno di gag esilaranti che non si prendono troppo sul serio ma che non superano mai il limite dell’assurdo e neppure quello della decenza. Purché lo spettatore, sia o meno credente, si presti al gioco e non si senta toccato nella sua più ortodossa e tradizionale immagine di Dio padre. Inutile cercare una filosofia o un significato che vadano al di là del puro divertimento. Vale però la pena rivelare che sarà la moglie di Dio a risolvere la questione, a farsi Deus ex machina, quando più o meno consapevolmente resetterà il computer seguendo le sue più intime fantasie. E così, nelle immagini finali del film, vedremo il cielo decorato con i disegni del tombolo, la gente che prenderà il sole sui ghiacci del polo, e un po’ di felicità che entrerà nelle case degli uomini. Il mondo, ancora una volta, salvato dalle donne, anche se in questo caso a ribaltare le sorti del mondo è la moglie di Dio.