Mistery debordante in salsa napoletana. Il nuovo coup de foudre di Ozpetek

In sala dal 28 dicembre (per Warner Bros. Pictures), “Napoli velata”, il nuovo film di Ferzan Ozpetek ambientato nel capoluogo partenopeo. Un mistery dei sentimenti in cui il regista si lascia travolgere da quel magma sovraccarico che è la vera sostanza di questa città. Ma che in ogni modo tiene grazie anche alla dolente interpretazione di Giovanna Mezzogiorno. Bellissima e sensuale la colonna sonora composta da Pasquale Catalano…

Napoli, città dove non sembra facile ambientare un film.
Troppo accogliente, troppo carica di tutto, buono o cattivo che sia.
Di meraviglie e di orrori, di dolore e allegria, superstizione e religione, scienza e irrazionalità, arte e morte.
Tutto in porzioni per niente da nouvelle cuisine.

Non facile perciò – per dare una giusta luce alla storia che si vuol raccontare – tenere fermo il controllo, relegando in secondo piano il magma sovraccarico che è la vera sostanza di questa città e che, come la lava, si insinua ovunque, lasciando poco spazio ad altro.
Forse non facile neanche per un regista che ci è nato, come Mario Martone, che le scene più deboli del suo bel film su Leopardi, mi sembra proprio siano quelle che ha girato a Napoli.

Di fatto anche a Ferzan Ozpetek il dubbio era venuto.
Poi, però, il coup de foudre per la città e chi la abita pochi anni fa, mentre il San Carlo lo impegnava nella regia de La Traviata.
E al coup de foudre non ci si oppone.

E così dopo Roma, Lecce e Istanbul, Napoli è diventata la quarta città dove il regista turco, ormai italiano, ha scelto di ambientare questa storia che ha preso spunto da un suo breve incontro ad una festa nella sua città natale con una giovane donna di professione medico legale.
E dunque che ha le autopsie come impegno quotidiano.

E questa è la professione in Napoli velata di Adriana (Giovanna Mezzogiorno), donna dell’alta borghesia napoletana, con un traumatico imprinting infantile. E forse perciò single e molto impegnata dal suo lavoro, ma supportata affettivamente da una zia non sposata (Anna Bonaiuto), da una sorta di “mammo” amorevole (Beppe Barra), da una pragmatica, estroversa, amica del cuore (Luisa Ranieri) e altre due signore (Lina Sastri e Isabella Ferrari) dedite all’arte e non solo.

Il coup de foudre, in questo caso, colpisce Adriana che, ad una festa nella più che aristocratica dimora della zia – dove, come antipasto viene servita la “figliata”, rito arcaico che mette in scena tra i dovuti strilli, un parto maschile – incrocia l’attraente-insistente sguardo di un giovanotto niente male (Alessandro Borghi).
Senza troppi preamboli i due a casa di lei passeranno una più che bollente notte insieme, interpretata dagli attori con pregevole e indubbia partecipazione. E sembrerebbe anche a lei, così poco allenata all’abbandono, una buona partenza per una sua possibile apertura all’amore.

Ma già dal giorno seguente dovrà affrontare, proprio durante il suo lavoro, una drammatica e violenta delusione.
Altro non è opportuno svelare di questa Napoli velata, che è in effetti un mistery che in qualche modo si richiama ad un genere di gialli in auge in Italia negli anni ’70 molto virati al femminile, con donne spesso con disturbi psichici non indifferenti. Che è superfluo dire a chi si ispirano.

In ogni modo il thriller tiene, grazie anche alla dolente interpretazione di Giovanna Mezzogiorno.
Ma se il regista, senza lasciarsi travolgere dal magma, fosse riuscito a lavorare con più coraggio sulle sottrazioni, applicando così le ragioni del titolo “velata” – visto che come lui stesso scrive sulle note “il velo non occulta ma svela” – il risultato di questo thriller dei sentimenti e non solo sarebbe stato, come dicono a Napoli, “meglio assai”.

Qualche esempio concreto: la spirale magnifica di quella scala in apertura, bella da fare invidia a Hitchcock, parla già da se, non ha bisogno del surplus spiralesco della macchina da presa.
La mamma che all’inizio fa secco il marito, non andava svelata.
Le amiche (Sastri e Ferrari), colpite da un tocco opposto di colore del parrucchiere, virano in macchietta (mentre la testa candida e donante di Anna Bonaiuto non è da sottovalutare).
La veggente nel letto obesa come può essere solo una veggente del centro sud, forse velata o più esile lasciava tracce più concrete e inquietanti.

I personaggi più riusciti sono quelli maschili, il mammo Pasquale (Beppe Barra) e il poliziotto (Biagio Forestieri) forse perché femminilmente affettuosi e accudenti. Come probabilmente sembra essere anche il regista con i suoi attori.
Ma non mancano i pregi: è sempre un bene vedere o rivedere il meraviglioso museo archeologico: lo struggente palazzo del principe Caracciolo set de L’oro di Napoli di De Sica e Viaggio in Italia; l’esoterica farmacia degli incurabili; quella loggia commuovente aperta sul mare dove dei vecchi pensionati si rilassano. Ma anche la metropolitana, l’unica bella in Italia, tanto per non uscire dai contrasti.

E poi la musica, bellissima e sensuale, della colonna sonora composta da Pasquale Catalano con Arisa in un perfetto Vasame.