Il Tevere… Prima di Jeeg Robot

Il documentario di Massimo Saccares dedicato al fiume della Capitale, riproposto dal Museo laboratorio della mente di Roma. Un racconto poetico tra passato e presente, inseguendo la vita che gli ruota intorno…

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La dura e insondabile legge della distribuzione cinematografica allontana dal grande pubblico i docufilm, i corti o lungo metraggi e i documentari in generale (nonostante vincano ai festival internazionali), al contrario di quanto avviene in altri paesi a cominciare dalla Francia.

Nel caso di Tevere 2015 di Massimo Saccares, presentato alla Festa del Cinema di Roma lo scorso autunno, poi scomparso e riproposto nei giorni scorsi al pubblico dal Museo laboratorio della mente di Roma, è davvero un peccato che i distributori non abbiano colto l’occasione.

Se avessero portato il documentario in sala, per lo meno a Roma, la risposta non sarebbe certo mancata. Perché si tratta di un bel film sul fiume della capitale e sulla vita che gli ruota intorno, dai circoli di nuoto a quelli dei canottieri, dai vecchi pescatori che ancora si ostinano a gettare le loro esche sul fiume, a quelli che corrono lungo le sue rive oppure vivono accampati sotto i ponti monumentali.
Non manca la poesia nello sguardo di una videocamera che, magari con le riprese dall’alto e con l’aiuto dei droni, o quelle dal basso a pelo d’acqua, offre una prospettiva del fiume leggiadra e in controluce, cogliendone il flusso misterioso e continuo che somiglia alla vita, e celandone così le miserie, l’incuria e i maltrattamenti operati dagli uomini.

Ed è davvero struggente ascoltare gli ultimi, vecchi, testimoni di un’epoca in cui si pescavano anguille nelle sue acque – “quando ne prendemmio fino a cento quintali a settimana, e le reti ce le facemmio da noi”, come dice uno di loro –, quando si macinava il grano al porto di Ripetta, quando alcune fonti facevano scorrere un’acqua preziosa e leggera di cui si facevano scorte, quando fiorivano le scuole di nuoto, si facevano i bagni d’estate, si organizzavano feste da ballo sui barconi d’estate e si giravano film sulle sue rive: Vacanze romane, Poveri ma belli, Accattone, Io la conoscevo bene, o i recentissimi Spectre con l’inseguimento di auto sugli argini e Lo chiamavano Jeeg Robot, in cui l’acqua del fiume ha la capacità di trasformare chiunque in super eroe.

Certo, dopo avere visto il Tevere da una prospettiva del genere, sarà difficile non guardarlo con occhio più attento ogni volta che lo si attraversa su un ponte per andare da una parte all’altra di Roma, pensando ai tesori racchiusi tra le sue sponde. Non solo perché il Tevere è stato parte e testimone della storia di Roma ma perché ancora oggi ne è una componente essenziale, sebbene trascurata e relegata in fondo ai muraglioni per proteggere la città dalla furia devastatrice delle sue acque.
Come accennato, Tevere 2015 è stato proiettato in una sala del Museo laboratorio della mente con l’intento di “riportare il cinema in periferia, per riflettere sulla città, i suoi abitanti e le sue storie”. Il museo – si legge nella locandina che accompagna l’iniziativa, intitolata “Cinema di confine” e realizzata in collaborazione con l’associazione culturale Teatri di Nina e CineMario – “è un luogo non convenzionale per il cinema ma rappresentativo dei territori di confine e della storia del quartiere di Monte Mario, con le mura e il parco dell’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, con le sue storie di marginalità”.

Il regista Massimo Saccares, presente in sala e pronto a rispondere alle sollecitazioni degli spettatori, produce in proprio audiovisivi ed è autore di un reportage sull’anoressia. Dunque, il cerchio si chiude.
Il prossimo film messo a disposizione del pubblico dal museo il prossimo 24 marzo sarà Frammenti di libertà di Alessandro Martinelli e Simona Messina, due registi che – leggiamo ancora nella locandina – raccontano storie “ad un’intensità molto più forte di qualunque storia di finzione edulcorata”. In questo caso si tratta delle vicende quotidiane di ex detenuti, rifugiati politici e studenti universitari, tutti impegnati nella squadra di calcio Polisportiva Atletico Diritti. Quale luogo più adatto a queste storie di un museo che raccoglie la memoria dell’ex manicomio di Roma?