A Pechino il cinema “per vendetta” di Cotronei
Con “Covered with the blood of Jesus”, suo ultimo lavoro sulla Nigeria affamata dai padroni del petrolio, il regista calabrese è l’unico italiano in concorso al festival del cinema indipendente di Bejing (18–24 agosto). Un festival “combattente” in perenne lotta con la censura cinese…
È da quando fa cinema, ormai quasi 20 anni, che Tommaso Cotronei lo dice: «Io non voglio avere il titolo di regista, ma voglio vendicare mia madre che è morta ignorante». È la sua ossessione e la sua stessa forza, il suo tratto distintivo: un potente cinema di immagine, essenziale, rigoroso, etico, sempre alla ricerca di realtà ai margini, ferite e sfruttate da affrancare dai coni d’ombra imposti dalle leggi del mercato mediatico.
Così è stato per la sua Calabria, dove è nato è dove è partita la sua urgenza di fare cinema. Una Calabria dai paesaggi strazianti e disperati dove i suoi protagonisti, tutti presi dalla «terra» e nella parte di loro stessi, si muovono in un quotidiano di gesti automatici, ripetitivi, senza futuro. E sono contadini, braccianti, ma anche bambini-lavoratori di quattro, sei anni, «sventurati», come ripete continuamente Tommaso. «L’angoscia esistenziale ce l’hanno pure loro – dice – non devi aver studiato Heidegger per patire la violenza di questi luoghi. Qui, o resti come questi sventurati a guardare il nulla, oppure diventi un killer della mafia. Non è violenza questa?».
Nel blu cercando fiabe, Lavoratori, Ritrarsi, i suoi primi, folgoranti, documentari calabresi hanno conosciuto la ribalta dei festival, soprattutto quelli internazioni, Locarno, Madrid, Parigi, Montpelier, Annecy … Mentre quelli italiani da molto tempo, troppo, continuano ad ignorare i suoi lavori. Sempre più dirompenti, “ingovernabili”, come il loro stesso autore che, con la sua telecamera autarchica, ha allargato lo sguardo a realtà più lontane, ma ugualmente povere e senza futuro come la sua Calabria.
La Mauritania col “treno più lungo del mondo” (The Difference) che attraversa il Sahara, il Paraguay popolato di infinite storie di miseria e schiaviù, la Somalia dei campi profughi e, ancora, lo Yemen delle “spose bambine” – attualmente al montaggio – fino a quest’ultimo, sulla Nigeria affamata e inquinata dalle compagnie petrolifere, Covered with the blood of Jesus (Coperto dal sanngue di Gesù), unico doc italiano in concorso al festival del cinema indipendente di Bejing. Celebre rassegna di Pechino nota soprattutto per le irruzioni della polizia, abituata a sequestrare gli archivi e arrestare gli organizzatori (Xianting Film Fund) che, per questo, hanno trovato di recente la solidarietà di numerosi festival internazionali.
Abituato ad un lungo lavoro di ricerca in solitaria Tommaso Cotronei, anche stavolta, ha scandagliato il vasto territorio del Delta del Niger e di Port Harcourt, la capitale del petrolio africano, dove le grandi corporation (Eni, Schell, Chevron) estraggono greggio, inquinando acque e territorio nella totale connivenza dei governanti, indifferenti alle drammatiche condizioni di povertà della popolazione.
Con inquadrature “taglienti” e piene di fango, inquinato, lo stesso che riempre le strade e le vite dei protagonisti, Cotronei ci racconta gli sforzi per la sopravvivenza di poveri pescatori, donne e ragazzi costretti a vendere il greggio rubato – o “espropriato”, dipende dai punti di vista – alle multinazionali del petrolio. “Ma noi non siamo né ladri né terroristi”, spiega uno dei protagonisti del film, come invece alle nostre latitudini, sono considerati i Niger Mander, che si battono per i diritti della popolazione del Delta del Niger. Dopo una lunga attesa il regista è riuscito persino ad incontrate uno degli anziani capi del movimento, che ci descrive ben lungi dai fanatici integralisti islamici, ma circondato di libri e con un “commovente” ritratto di Che Guevara alle spalle. Che parla di giustizia e di diritti, anche e soprattutto allo studio. Proprio come uno dei protagonisti di Covered with the blood of Jesus, un ragazzo che si paga l’università vendendo il petrolio “espropriato”. Perché la cultura è l’unica arma, come ci dice tutto il cinema di Cotronei, in Africa come in Calabria, come nel resto del mondo.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
3 Giugno 2016
Il gusto di Ozu per il cinema, in un libro
Per la prima volta a disposizione del pubblico occidentale gli "Scritti sul…
21 Settembre 2016
Caro Franceschini ti scrivo. Appello per cambiare la legge cinema
Lettera-appello di otto associazioni di cinema al Ministro per chiedere di…
27 Luglio 2018
Addio Clara Sereni, nei suoi libri tante protagoniste per il cinema
È scomparsa il 25 luglio la scrittrice e giornalista Clara Sereni. Era nata a…
Grande Amico mio, se non ti conoscessi dalla nascita stenterei a credere di tutto quello che “denunci”…..spesso sono preoccupato per Te sapendoti in giro per questi posti pieni di miseria……..sei forte, continua sempre questa tua passione …ti aspetto spero presto per un caffe’…….