A proposito dei film collettivi della Fondazione “Cinema nel presente”. E del doc sui 70 anni dell’Anac
Abbiamo avuto modo di vedere il film di Martinotti sull’Anac (Associazione nazionale autori cinematografici). Non entriamo ovviamente nel merito del film né su alcuni “falsi” storici – e/o imprecisioni – che contiene. Starà agli autori dell’Anac, se lo riterranno opportuno, fare le precisazioni. O ai lavoratori di Cinecittà dire la loro su come sono andate le cose.
Vogliamo invece qui intervenire solo su due punti che ci riguardano direttamente. Come iscritti e militanti del Pci vogliamo infatti ricordare a chi vuole fare opera di ricostruzione storica che il Partito comunista nel 1991 non “avvia” nessuna “trasformazione”, ma viene in quel congresso drammaticamente e irresponsabilmente – a nostro parere – sciolto. Da lì nacquero due partiti: Rifondazione comunista e il Partito democratico della sinistra.
L’altra precisazione riguarda il capitolo del documentario intitolato “I film collettivi”. All’’Anac – in quanto tale – non è mai stato chiesto di partecipare o aderire a quel progetto.
Un mondo diverso è possibile nasce da un’idea, anzi da una scelta tutta politica di militanti politici (in ordine alfabetico: Mauro Berardi, Stefania Brai e Citto Maselli) in occasione del G8 di Genova del 2001.
Nel documentario di Martinotti si dice: “Citto Maselli e Mauro Berardi“ idearono e produssero con gli autori dell’Anac qualcosa di mai realizzato prima”. Non è stato così e non voleva essere così.
Noi, insieme a Mauro Berardi, abbiamo coinvolto tutti gli autori e i lavoratori del cinema italiano (sulle pettorine era scritto: il cinema italiano a Genova) per raccontare fuori dall’informazione ufficiale, in stretto rapporto con il Genoa social forum, quell’evento straordinario e quella terribile tragedia in cui si trasformò con l’uccisione di Carlo Giuliani.
Da quella eccezionale esperienza collettiva nacque l’idea di creare la Fondazione “Cinema nel presente” di cui facevano parte autori, operatori e direttori della fotografia fuori da qualunque realtà associativa di categoria, ma uniti nel volere raccontare appunto “il presente” da un punto di vista critico. Non a caso fummo a Porto Alegre, a Bagdad per documentare l’invasione dell’Iraq da parte degli americani, con i palestinesi per documentare l’occupazione israeliana, con i lavoratori italiani contro l’abolizione dell’articolo 18.
Quel materiale è sì della Fondazione cinema del presente, ma è patrimonio di tutti.
Manipolare l’informazione facendo credere che i film collettivi sono parte dell’Anac sarebbe come dire che Un altro mondo è possibile è un film di Rifondazione comunista perché nasce da tre militanti di Rifondazione. A quel film hanno partecipato autori, montatori, direttori della fotografia, produttori, runner, operatori, giornalisti di Rifondazione come del Pds come di nessun partito, certamente tutti di sinistra, uniti dal “desiderio di contribuire a dare volto e voce a chi rappresenta i miliardi di esseri umani cui viene negato il diritto di partecipare alle decisioni immense che riguardano il loro futuro, il futuro del mondo”.
È vero, molti autori di quel collettivo erano iscritti all’Anac ma questo non fa dell’Anac parte di quel progetto e di quella esperienza. Così come alcuni – o molti – autori iscritti all’Anac erano militanti del Pci o del Psi o poi del Pds, dei Ds, del Pd o di Rifondazione. Ma questo non fa dell’Anac una associazione del Pds, dei Ds o del Pd o di Rifondazione. Perlomeno ce lo auguriamo.
Non si può, con onestà intellettuale, spacciare la storia dei film collettivi come un pezzo di storia di una associazione di categoria, anche se importante come all’epoca era l’Anac. Così si manipola la storia e si sminuisce un’esperienza. Uno dei meriti, o delle scommesse vinte, di quel lavoro collettivo, creativo e politico nel senso più alto del termine, fu proprio l’essere riuscito a mettere insieme il cinema italiano, autori e lavoratori della cultura e del cinema, tutti con storie personali diverse, appartenenze politiche e generazionali differenziate ma tutti, come disse Monicelli, uniti “dal desiderio di conoscere e far conoscere queste grandi masse di giovani che giudicano l’attuale sistema capitalistico del tutto inadeguato a gestire questo “passaggio di civiltà” della storia dell’uomo”.
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