L’innocenza perduta della Turchia, nel film-romanzo di Pamuk

In sala soltanto il 7 e l’8 giugno per Nexo Digital, “Istanbul e il museo dell’innocenza di Pamuk”, uno struggente e poetico ritratto della città dello scrittore premio Nobel, per la regia dell inglese Grant Gee. È la prima trasposizione di un suo romanzo che è anche un museo e presto di nuovo un libro… Presentato allo scorso festival di Venezia.

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C’è il romanzo, c’è il film, anzi il documentario. Ci sono delle nuove pagine scritte ad hoc dallo stesso autore. Ci sono i personaggi del testo con i loro oggetti reali (anche le cicche delle sigarette fumate) e le loro parole che tornano dopo dodici anni a far rivivere la loro storia, vissuta ad Istambul, città-cerniera tra Europa ed Asia.

È una vertigine, un viaggio folgorante attraverso la memoria, tutto concentrato in una notte in cui cinema e letteratura, realtà e finzione si intrecciano in una sorta di potente esperimento crossmediale che, l’altra sera, ha accesso i riflettori – quelli delle grandi occasioni – su questo film-evento ospite delle Giornate degi Autori.

Stiamo parlando, infatti, de L’innocenza dei ricordi, del regista inglese Grant Gee, ispirato a Il museo dell’innocenza del premio Nobel Orhan Pamuk, una delle voci più lucide e poetiche della letteratura turca, perseguitato dal governo del suo paese per le sue prese di posizione contro il genocidio armeno e, soprattutto le violente persecuzioni contro i curdi. Che lo scrittore non perde occasione di denunciare anche qui a Venezia, stigmatizzando i recenti bombardamenti dell’esercito turco contro l’Isis, oltre il confine con la Siria, ma allo stesso tempo anche contro i curdi del Pkk, nel Sud Est, che contro l’Isis combattono.

cover48Le opere di Pamuk, alla perenne ricerca di quella memoria sospesa tra Europa e Asia, pur tradotte in tutto il mondo – in Italia da Einaudi (da Il castello bianco fino a L’innocenza degli oggetti) – , non sono mai state portate al cinema, per volontà dello scrittore, come racconta  al pubblico della Mostra. Per questo il film di Grant Gee, autore da sempre innamorato della letteratura (nel precedente Patience  ha affrontato l’opera più celebre dello scrittore tedesco, Wg Sebald, Gli anelli di Saturno) si arricchisce di ulteriori significati. Anche perché  Il museo dell’innocenza che narra lo sfortunato amore tra il ricco Kemal e la povera cugina Fusun, sacrificato alle rigide convenzioni culturali della Turchia anni Settanta, già di per se non è soltanto un romanzo, ma è anche un museo. Sì, il personale museo dello scrittore costruito nel cuore di Istambul e diventata una delle mete obbligate del turismo cuturale, dove ritrovare le vite immaginarie dei suoi personaggi, accompagnati dagli oggetti reali del loro quotidiano.

Un multistrato narrativo, insomma, a cui Pamuk ha aggiunto un nuovo testo scritto ad hoc per dilatare la narrazione fino ai giorni nostri e che, dice, in futuro, partendo dal film, potrebbe trasformarsi a sua volta in libro. Chiudendo così il cerchio di questa invenzione poetica ed ipnotica, giocata su più livelli. In cui l’emergere di un personaggio secondario del romanzo, una amica di Fusun, tornando in città dopo 12 anni, offre l’occasione di guardare alla Istanbul di oggi. Insieme alla voce narrante dello stesso scrittore che fa capolino, in una lunga intervista, rilanciata dai tanti televisori che spiamo dalle finestre, nei bar, nelle case. A dare il filo conduttore della storia e del futuro di questa città, di cui l’intera opera di Pamuk è diventata il simbolo.