Addio Charles Webb, l’autore del “Laureato”. Una vita di successo in via della povertà


Charles Webb è morto il 16 giugno scorso, nel Sussex (dove viveva ormai da molti anni), anche se l’annuncio è stato dato solo il 22, quasi una settimana dopo. Lo scrittore californiano, noto soprattutto per Il laureato, romanzo del 1963 da cui venne tratto quattro anni dopo il film cult con Dustin Hoffman, aveva 81 anni.

La cifra di tutta la vita di Webb è stata la rinuncia, che ha costantemente praticato con religiosa dedizione. Ha passato l’intera esistenza a rifiutare qualsiasi agio la sorte gli offrisse, nell’intima convinzione che non ci fosse alcun valore nel godimento delle proprie fortune materiali. D’altronde il denominatore comune di queste fortune è sempre stato uno e uno solo, il denaro, e da questo Webb ha sempre cercato di allontanarsi il più possibile.

Lo scrittore rinuncia infatti alla consistente eredità paterna, scrive il suo romanzo in cui racconta la frustrazione nel sentire il proprio destino già scritto, attira l’attenzione dei critici ma anche del cinema. Quando Larry Turman si fa avanti per acquistarne i diritti, Webb si accontenta del minimo sindacale, rifiutando poi tutte le successive royalties e addirittura un assegno integrativo che Turman gli aveva inviato, impietosito (e spingere un produttore di Hollywood a un gesto del genere non è cosa banale). Tutto va in beneficenza.

In quel 1967 Webb aveva ormai fatto già da tempo l’incontro della sua vita, la moglie Eve, con cui si era sposato nel 1962. Artista eclettica, discendente dei padri pellegrini della Mayflower e anche lei ricca ereditiera rinunciataria, al punto da rifiutare il proprio nome e scegliere “Fred”, in segno di protesta contro la dittatura del femminile che le era stata imposta.

I due educano i figli in casa (ancora un rifiuto, stavolta della scuola), divorziano solo a livello formale nel 1981 per protesta contro il matrimonio come istituzione e per la mancata estensione anche alle coppie omosessuali, viaggiano di continuo e vivono di lavori saltuari con cui pagare le poche cose a cui non si può rinunciare. Webb continua a scrivere, ma impone che in copertina non sia specificato “l’autore de Il laureato“, con ovvie ripercussioni sulle vendite.

Gli ultimi anni segnano però un ritorno al successo, prima nel 2002 con Volare via, da cui Colin Firth trae Hope springs. Poi con l’atteso seguito del suo capolavoro, Home school (“Scuola a casa”, in italiano tradotto con un più didascalico Bentornata Mrs. Robinson), che porta con sé anche una causa con Canal+ a cui, negli anni ’60, aveva promesso i diritti. In nessuno dei due casi, ça va sans dire, ha voluto tenere i profitti.

La vita di Webb è stata un inno alla rinuncia, impossibile da ridurre al solo Laureato. La sua visione dell’esistenza va ricercata nella vita stessa, molto più che nei suoi libri, un caso più unico che raro nel mondo della letteratura. Men che meno se ne può apprendere dal film di Mike Nichols. Anche se tutti noi siamo rimasti incantati da quella indimenticabile corsa finale, sulle note di Simon & Garfunkel, in questo caso più che negli altri è necessario scindere l’adattamento dal romanzo e, soprattutto, dal suo autore.