Addio David Lynch. Il cinema dell’inquietudine perde il suo cuore selvaggio
È scomparso il 15 gennaio a 78 anni David Lynch, venerato regista, sceneggiatore, produttore, musicista e artista visivo, dallo stile così personale da essere diventato un aggettivo: lynchiano. La sua fama in Italia con la serie tv “Twin Peaks“, diventata un culto planetario con la quale ha fatto scuola. Tra i suoi titoli più celebri “Velluto Blu”, “Cuore selvaggio”, “Strade perdute”. Tra i più enigmatici “Mulholland Drive” …
Quando il fatidico interrogativo, “chi ha ucciso Laura Palmer?” invase gli schermi di Canale 5 (era il 1991), il vasto pubblico italiano scopriva uno dei talenti più eccentrici, enigmatici e visionari che da lì a breve, tale sarebbe stata la sua fama, da diventare un aggettivo: lynchiano
Addio David Lynch. Quel grave enfisema, reso noto al suo pubblico la scorsa estate, se l’è portato via a 78 anni. Era un fumatore incallito David e ormai – anche questo è stato lui stesso a raccontarlo – era come se camminasse con un sacchetto di plastica intorno alla testa. Non riusciva più a respirare, nonostante avesse smesso con le sigarette tre anni prima. “Il fumo è qualcosa che ho amato moltissimo – aveva detto -, ma alla fine ha avuto la meglio”.
Regista, sceneggiatore, produttore, musicista, pittore e artista visivo, Lynch era nato a Missoula (20 gennaio 1946), nel Montana. Una città isolata nel cuore delle Rocky Mountains, proprio come la Twin Peaks che ha dato il nome alla storica serie, in cui la scomparsa della biondissima liceale ( in posa da reginetta del ballo), tra segreti e misteri, è lo spunto per fare satira sul provincialismo americano, esasperandone, con crudeltà, gli stessi luoghi comuni di cui si nutre. Ridisegnando così parametri ed estetica del noir. A cui si rifaranno infinite serie crime a venire.
Del resto, quello che sarebbe stato il suo cammino, l’aveva già indicato dall’esordio, Eraserhead, un horror surrealista dall’umorismo nero e in bianco e nero. Con The Elephant Man del 1980, la storia della vita tragica di Joseph Merrick (trascritta nei diari di Frederick Treves, il chirurgo che lo studiò e curò) è candidato per la prima volta agli Oscar. Ed è Mel Brooks, re della parodia, a produrlo.
Del 1984, invece, è il clamoroso flop di Dune (1986) dal testo capitale di fantascienza di Frank Herbert, dal quale si risolleva con Velluto Blu nel 1986 con Isabella Rossellini (anche lei è stata un suo amore, nel mezzo dei suoi quattro matrimoni), Laura Dern, Dennis Hopper et Kyle MacLachlan (futuri eroi della serie culto): storia di un giovane studente che, nella sua cittadina – proprio come Twin Peaks e tante altre cittadine d’America – scopre un mondo sotterraneo fatto di violenza, sesso, traffico di droghe e polizia corrotta. Produce Dino De Laurentiis.
Ma siamo ancora nella superfice razionale che caratterizza anche il letterario Cuore selvaggio, Palma d’oro a Cannes 1990, on the road tratto dal romanzo di Barry Clifford, coi giovani amanti Sailor e Lula in fuga (da tutto non solo dall’assassino), dove la commedia sentimentale si mescola al thriller grottesco, consacrando la coppia incendiaria Nicolas Cage et Laura Dern, già attrice feticcio di Lynch.
“C’è un grande vuoto nel mondo ora che non è più con noi” hanno scritto i familiari sui social annunciando la sua scomparsa. “Ma come avrebbe detto: guardate la ciambella e non il buco”. Ai suoi fan di ciambelle David ne ha lasciate moltissime.