Addio Gianni Cavina. Il volto bonario e malinconico del cinema di Pupi Avati
È stato lo stesso Pupi Avati a dare notizia della sua scomparsa, la notte del 26 marzo a Bologna all’età di 81 anni. Del resto senza Pupi Avati il volto e la bonomia di Gianni Cavina non esisterebbero. E probabilmente senza l’amicizia col regista di Regalo di Natale (nelle foto) l’attore bolognese sarebbe rimasto solo un simpatico caratterista dialettale.
Nato a Bologna il 9 dicembre 1940, Cavina si forma alla scuola teatrale di Franco Parenti, ma poi partecipa alla tumultuosa e allegra vita artistica della città, dividendo perfino con Lucio Dalla il palcoscenico nel cabaret per debuttare al cinema grazie al giornalista-regista Raffaele Andreassi che nel 1968 lo chiama sul set di Flashback con cui partecipa al festival di Cannes e vince il Globo d’oro per la migliore opera prima.
L’incontro con Pupi Avati, a cui è legato anche dalla passione per il jazz e il cinema, avviene nello stesso anno con Balsamus, storia ai confini del grottesco che passa però sotto silenzio come il successivo Thomas e gli indemoniati. Ci vorrà la garanzia di un attore noto come Ugo Tognazzi e una fantasiosa sceneggiatura (a cui partecipa in prima persona) perché il nome di Gianni Cavina cominci a diventare familiare ad attori e produttori. Il film è La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone che impone anche lo stesso Pupi nel 1975.
Cinecittà adotta però l’attore nel filone della commedia scollacciata con il Buttiglione di Mino Guerrini o San Pasquale Baylonne di Luigi Filippo d’Amico (in coppia con Lando Buzzanca). Il sodalizio con Pupi Avati invece continua senza scosse e porta al successo di La casa dalle finestre che ridono (1976), Tutti defunti…tranne i morti (1977), Le strelle nel fosso che fanno del regista bolognese un giovane maestro tra horror e fantasy.
Nel 1979 Cavina conquista il suo primo ruolo da protagonista nei panni di Padre Lino in Adsalut Pader diretto da Paolo Cavara e da lui sceneggiato insieme a Enzo Ungari. Seguiranno L’ingorgo di Luigi Comencini, Il turno di Tonino Cervi, Per favore occupati di Amelia di Flavio Mogherini.
Nella vita di Cavina però Pupi Avati ritorna sempre più spesso da mentore e protagonista: alla fine lavoreranno insieme più di 20 volte, fino all’ancora inedito Dante in cui interpreta il notaio Pietro Giardino, nonostante la malattia già in stato avanzato. I primi veri successi comuni sono le due serie televisive Jazz Band e Cinema!!! alla fine degli anni ’70 mentre resta indimenticabile il suo Ugo Bondi, incallito giocatore di poker in Regalo di Natale del 1986, presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
Cavina ci tornerà dieci anni dopo con Festival (sempre per la regia di Pupi) con cui conquisterà in Nastro d’Argento come miglior co-protagonista. Le interpretazioni senza il suo amico dietro la macchina da presa sono occasionali: Non chiamarmi Omar di Staino, Sole negli occhi di Andrea Porporati, Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, Benvenuto presidente di Riccardo Milani. Con un’eccezione che diede a Gianni Cavina una grande notorietà all’inizio degli anni ’90: la serie tv L’ispettore Sarti di Giulio Questi, dall’indimenticabile personaggio creato dal giallista Loriano Machiavelli. Con la sua voce pastosa, il fisico robusto, le mani grandi come pale, il sorriso di volta in volta ammiccante e dolcissimo, Gianni Cavina conquistò la platea televisiva, apparve in produzioni internazionali, diventò perfino un volto della pubblicità.
L’attore aveva mille sfumature da consumato caratterista, svariando dall’eccesso farsesco alla raffinatezza comica, dall’intensità tragica e dolente alla naturalezza realista dell’uomo qualunque. Riservato fino all’eccesso, geloso dei suoi affetti familiari, accompagnato da una nota malinconica che celava dietro risate contagiose, Gianni sapeva farsi amare immediatamente, offrendo quella complicità spontanea che solo i veri emiliani sanno coltivare. Difficile ricordare una sua parola contro colleghi e amici, impossibile vederlo litigare veramente con Pupi e Antonio Avati. La loro storia è quella di un’amicizia generosa che non è mutata in 45 anni di vita artistica in comune: un matrimonio inossidabile.
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