Agente Speciale 117 irresistibile cialtrone. Risate sgangherate con Jean Dujardin (letterario)

In sala dall’11 novembre (per I Wonder Pictures) “Agente Speciale 117 al servizio della Repubblica – Allerta rossa in Africa nera” di Nicolas Bedos. È il terzo capitolo della fortunata parodia del Bond francese creato dal prolifico Jean Bruce, nato serissimo e ben quattro anni prima di quello inventato da Ian Fleming. Con Jean Dujardin nei panni del protagonista in una esilarante presa di distanza dalla contemporaneità e dalla sua cupezza …

Visto come vanno le cose di questi tempi avere qualche certezza è di grande consolazione. Purtroppo di giorno in giorno sono parecchie, grandi e piccole, quelle che vengono meno. Tra le poche consolazioni che avevamo, di certo piaceri inconfessabili oggi, c’era la granitica figura dell’agente segreto invincibile, guascone e seduttore che l’ultimo James Bond, così umano (troppo umano?) ci ha demolito.

Daniel Craig ci ha obbligato a ripensarci e magari a vergognarci di aver tanto sguaiatamente apprezzato quel James Bond ammaliatore. Ebbene, mentre applichiamo all’eroe creato da Ian Fleming la riflessione nietzschiana sulla krisis in cui versa l’agente segreto contemporaneo, ci arriva in soccorso un collega francese di Bond stabilmente fedele alla più confortante tradizione, agli stereotipi e ai cliché del genere.

Hubert Bonisseur de la Bath, nome in codice OS 117 o Agente speciale 117. È più anziano di Bond di quattro anni, nel senso che Ian Fleming/James Bond è arrivato dopo, e sospettiamo sia anche per questo motivo che sia tanto restio al cambiamento.

Apparso per la prima volta nel 1949 grazie alla torrenziale vena creativa di Jean Brochet, che si firmava con il più anglosassone pseudonimo di Jean Bruce (ma ricorse anche ad altri alias come Jean Alexandre, Jean Alexandre Brochet, Jean-Martin Rouan e Joyce Lindsay), l’Agente OS 117 è stato protagonista di ottantasei gialli.

Dopo la morte di Bruce, e come potrebbe essere diversamente, Hubert Bonisseur de la Bath che invece è vivo e lotta insieme a noi in altri 143, scritti dalla vedova Josette, e ulteriori 24 pubblicati dai figli François e Martine Bruce. Totale: 253 (!) molti dei quali pubblicati in Italia nella collana Segretissimo della Mondadori.

Dal 1957, rinominato OSS 117, viene portato sullo schermo undici volte col volto intercambiabile di Ivan Desny in O.S.S. 117 non è morto (1957), seguito da Kerwin Mathews, Frederick Stafford, John Gavin, Luc Merenda e Alan Scott.

E poi ci sono le tre parodie comiche con lo strepitoso Jean Dujardin (Golden Globe, Oscar e Palma d’oro per The Artist): Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Cairo (2006), Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Rio (2009), Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Allerta rossa in Africa nera (OSS 117: Alerte rouge en Afrique noire) (2021) che ha chiuso l’ultimo festival di Cannes. I primi due per la regia di Michel Hazanavicius, proprio il regista di The Artist.

La recente visione di Allerta rossa in Africa nera, stavolta diretto da Nicolas Bedos, è l’occasione per una esilarante presa di distanza dalla contemporaneità e dalla sua cupezza.

Il film segue le avventure dell’Agente speciale 117 nel 1981. Di ritorno dall’Afghanistan dove ha sbaragliato i russi (da solo, ça va sans dire), viene demansionato per anzianità e spedito a informatizzare l’archivio.

Tutto questo mentre un promettente nuovo acquisto del dipartimento, l’Agente speciale 1001 (Pierre Niney) – “4 cifre…” commenta con sarcasmo Hubert dando il via alla classica competizione giovane-anziano – viene inviato in missione top secret in una ex colonia francese africana.

C’è da sventare l’unione delle fazioni ribelli e mantenere saldamente al potere il dittatore gradito alla Francia, consolidando la posizione nell’ambito della Françafrique, le relazioni neocoloniali tra la Francia e le sue ex colonie africane. Dell’Agente 1001 ben presto si perdono le tracce e così Hubert Bonisseur de la Bath si ritrova coinvolto in un’altra rocambolesca avventura: ritrovare l’agente scomparso e completare la missione originaria.

Due ore di risate spesso sgangherate, più o meno come in un matinée di provincia degli anni ’60. Dai titoli di testa a quelli di coda è una ininterrotta serie di battute e gaffes dove “i neri hanno la musica nel sangue” è la più banale e trascurabile tra quelle pronunciate dal nostro eroe.

Una scorribanda africana che mescola tutti i cliché del cinema di genere e anche di più: c’è persino un’eco della Emanuelle Nera e tanto altro, splatter compreso, sempre di Joe D’Amato.

Il film si misura con le più famose parodie a tema spionistico restando sempre fedele al personaggio, quello serio, inventato da Jean Bruce ma inserendo dati reali: il presidente è Giscard D’Estaing di lì a poco alle prese con le elezioni dalle quali uscirà vincitore Mitterand (da Hubert e dal suo capo visto come un terribile comunista).

Si ride e si ride tanto anche perché non si può evitare di pensare a film analoghi: Leslie Nielsen in Spia e lascia spiare (Spy Hard del 1996), la serie di Austin Power, Top secret, il meno noto Ok Connery (b-movie con Neil Connery, il fratello di Sean, scelto unicamente per la somiglianza dal regista Alberto de Martino nel ’67). Ma anche Casinò Royale o la meravigliosa serie televisiva americana Get Smart.

Oggi però non si fanno classifiche, quale meglio o quale peggio, oggi si ride con l’Agente Speciale 117. Del resto già il primo film della serie parodistica presentava il programma in modo inequivocabile: “Un peu de Sean, avec beaucoup de conneries” ovvero “Un po’ di Sean (Connery) e parecchie cazzate”. Programma egregiamente rispettato.