Al via FilmMaker Festival (online). Il cinema documentario tra ricerca e letteratura
Al via dal 27 novembre al 6 dicembre la quarantesima edizione del FilmMaker Festival, con un fitto palinsesto dedicato al cinema documentario e “di ricerca” disponibile (anche questo) sulla piattaforma MyMovies (9.90 euro l’abbonamento).
La rassegna milanese si propone come “mappa testarda del nostro presente”, con pellicole che indagano le fratture del nostro tempo – rese ancora più esplicite dall’attuale grave crisi sanitaria –, e che si interrogano sulle possibilità di una “ricostruzione democratica, umana e identitaria”.
Apertura con Guerra e pace di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, già applaudito nel concorso Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia. Con un titolo che riporta a Tolstoj, la pellicola tenta di ricomporre i frammenti della memoria visiva dai primi del Novecento ad oggi, raccontando con immagini rarissime la lunga relazione tra cinema e guerra, a partire dall’invasione italiana in Libia nel 1911.
Accanto ad una sezione internazionale, la categoria “fuori concorso” si compone quest’anno di film intimamente intrecciati con la letteratura. In Swimming Out Till the Sea Turns Blue, il regista cinese Jia Zhangke ripercorre la storia sociale e spirituale del proprio paese attraverso i ricordi, le voci e le opere di quattro grandi scrittori, Jia Pingwa, Yu Hua, Liang Hong e Ma Feng.
La regista Fatima Bianchi, con L’Ouvert, offre una personalissima riflessione sul parto come evento ancestrale, a partire dal confronto con l’esperienza di altre donne e dalla nozione di “Aperto”, secondo Hölderlin e Rilke. Una storia sull’affettività è invece quella de La casa dell’amore, capitolo conclusivo della “trilogia dell’appartamento” di Luca Ferri: sono due versi di Sandro Penna sulla “tenerezza” ad offrire la chiave di lettura di questo film sulla quotidianità di una prostituta trans di Milano, tra gli incontri con i clienti e l’attesa della compagna.
In Zona/ di Andrea Caccia, assistiamo infine ad un racconto sulla vita in periferia, restituito dalle immagini filmate da alcuni studenti del quartiere Olmi a Baggio di Milano: tra desideri di emancipazione, giornate vuote e notti spese a ballare, trovano il loro spazio anche “assurde” letture di Brecht.
La sezione “fuori formato”, realizzata in collaborazione con il Forum austriaco di cultura a Milano, intende porre in dialogo le produzioni di due giovani filmmaker come Johannes Gierlinger e Antoinette Zwirchmayr. Pur nella differenza degli approcci, i due registi condividono infatti la ricerca di forme riflessive ed enigmatiche che uniscano memoria e storia, autobiografia e saggio, allegoria del presente e immaginazione utopica: nelle loro opere è possibile rintracciare riferimenti ad autori come Jean Luc Nancy, Jean Baudrillard, Italo Calvino, Paul Sartre e Platone.
Per la sezione “Filmmaker Moderns”, Tekla Tandelli mette in scena l’“incontro” tra Abel Ferrara e Charles Bukowski in My Big-Assed Mother (2012): due autori che condividono “a distanza” l’insofferenza ai dogmi e la ricerca dell’umano nei luoghi più inaspettati. A dare il titolo alla pellicola è l’omonimo racconto dello scrittore americano, letto da Ferrara in un affollatissimo bar di New York, mentre i personaggi fuoriescono dalle pagine per prendere vita nelle immagini del film.
Nella nuova sezione “Teatro sconfinato” troviamo invece opere in cui è evidente una linea di ricerca al confine tra cinema, scena, performance e danza. In Er, Marco Martinelli ripercorre la storia del sodalizio artistico e sentimentale con Ermanna Montanari, attraverso spezzoni degli spettacoli messi in scena con il Teatro delle Albe di Ravenna. In a Time to Mend, che prende il titolo da una frase contenuta nel Qohélet, libro sapienziale dell’Antico Testamento, il regista Raffaele Rezzonico confronta invece il proprio sguardo con la performance della danzatrice Flora Vannini.
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