Allarme suprematismo bianco. Alle radici dell’America di Trump in “The Order” a Venezia 81

Passato in concorso a Venezia 81, “The Order” dell’australiano Justin Kurzel. Un action movie dal ritmo serrato che lancia l’allarme sui movimenti suprematisti bianchi dell’America profonda di ieri e di oggi. Jude Law nei panni di un agente dell’FBI dà la caccia a un gruppo di miliziani neonazisti nel 1983 a seguito di attentati e rapine, documentati nel libro inchiesta dei giornalisti Kevin Flynn e Gary Gerhardt. Coprotagonista del film è un altro libro, però, “The Turner Diaries”, libello razzista e antisemita, un “Mein Kampf” americano tramandato di mano in mano tra i suprematisti, fino agli assalitori di Capitol Hill …

È un libro il coprotagonista di The Order, film dell’australiano Justin Kurzel (Snowtown, Macbeth, Assasin’s creed) passato in concorso a Venezia 81. Non solo perché il regista, assieme allo sceneggiatore Zach Baylin, ha tratto questa vicenda dal saggio-inchiesta del 1990 The Silent Brotherhood: inside an American racist conspiracy dei giornalisti Kevin Flynn e Gary Gerhardt, inedito in Italia. Ma perché il mito fondativo della milizia suprematista bianca della quale ci racconta il film è in quello stesso libro: The Turner Diaries, libello razzista e antisemita tramandato di mano in mano fino agli assalitori di Capitol Hill.

Un riferimento all’oggi, dunque, che aggiunge inquietudine a questo action movie pieno di ritmo di cui Jude Law, oltre che il protagonista , è anche tra i produttori. Insolitamente corpulento e massiccio l’attore britannco è un agente dell’FBI, Terry Husk, di stanza nella pittoresca e sonnolenta cittadina di Coeur d’Alene, Idaho, per indagare su una serie di attentati dinamitardi e rapine.

È il 1983 e The Order è il racconto della caccia a un gruppo di miliziani neonazisti derivato da una scissione dal gruppo guidato da un predicatore di estrema destra. Per la nuova formazione, ancora più radicale e fanatica, i sermoni e le preghiere non bastano più, vogliono “cambiare le cose”: ovvero diffondere il messaggio suprematista attraverso azioni terroristiche contro le istituzioni governative. E Terry Husk (Jude Law) conosce bene le dinamiche di quel mondo, forte dell’esperienza maturata in una carriera passata combattendo il Ku Klux Klan e il crimine organizzato. Mentre Tye Sheridan è Jamie Bowen, lo zelante poliziotto locale che diventerà da subito il suo partner sul posto.

Se il duetto Jude Law/ Tye Sheridan risulta più che convincente è Nicholas Hoult (ve lo ricordate? Era il bamnbino di About a Boy) a calamitare l’attenzione interpretando Bob Matthews, il giovane e carismatico capo del nuovo gruppo suprematista. Un ragazzo di campagna dagli occhi azzurri, dal viso angelico e con un sorriso dolce ma freddo come il ghiaccio e fermamente determinato a portare a compimento il piano per creare la terra promessa della razza bianca.

A parte qualche sbavatura e forzatura (la citazione, al limite del plagio, de Il cacciatore di Cimino) The Order ha il pregio di funzionare perfettamente come film d’azione molto ben confezionato per cast e ritmo, veicolando così senza sforzo i rimandi politici; l’allerta rispetto all’attualità, l’abbiamo detto, è il convitato di pietra che aleggia per tutti i 116 minuti di durata della vicenda.

Il collegamento tra la storia accaduta nel 1983, e gli anni a seguire fino ad oggi, sta proprio in quel libro di cui dicevamo all’inizio.
La storia di The Turner Diaries, praticamente un Mein Kampf americano firmato nel 1978 dal neonazista William Luther Pierce, viene raccontata fingendo il suo ritrovamento anni dopo la morte del protagonista. Fin dall’incipit non lascia spazio a fraintendimenti sulle intenzioni dello scrittore, toccando subito il nervo scoperto delle leggi sul controllo delle armi da fuoco.

Un raid della polizia, per lo più composta da agenti afroamericani, confisca fucili e pistole agli onesti cittadini americani di razza bianca, tra cui il protagonista del lbro, l’elettricista Earl Turner. Il libello è ambientato negli anni ’90, in un futuro dominato da una élite di ebrei che si serve degli afroamericani come braccio armato data la loro numerosa presenza nelle forze armate e nella polizia. Questa è solo una delle tante vessazioni che i bianchi sono costretti a subire. La goccia che fa traboccare il vaso per Earl Turner che si unisce all’Organizzazione (The Order, nel testo originale), un movimento di resistenza con lo scopo di instaurare la White Nation.

La lotta è senza quartiere e, per sterminare il nemico della razza, vale tutto. Un crescendo di deliri, pagina dopo pagina, fino all’epilogo col martirio di Turner che si lancia sul Pentagono con un ordigno nucleare. Il gesto dell’“eroe” darà nuovo impulso alla guerra di conquista degli Stati Uniti con la vittoria dell’Organizzazione che avrà la strada spianata per attuare lo sterminio delle razze non-bianche sul resto del mondo a suon di bombe atomiche.

Con le elezioni americane alle porte The Order ci riporta, insomma, direttamente all’assalto dei Proud Boys a Capitol Hill. In quell’occasione i sostenitori di Trump scandivano come un mantra il loro “Freedom!” occupando il Campidoglio di Washington, e appendendo cappi per impiccagione proprio secondo l’indicazione del capitolo conclusivo di quello che ha continuato ad essere unanimemente considerato un Sacro Testo.

A ulteriore conferma della rilevanza del libro tra l’estrema destra americana va ricordato che l’inchiesta seguita all’attentato di Oklahoma City del 1995 (fino all’11 settembre 2001 il più disastroso attentato della storia entro i confini USA con 168 morti, dei quali 19 bambini, e quasi 700 feriti) ha appurato che Timothy McVeigh, mente dell’azione e giustiziato nel 2001, aveva progettato l’attacco basandosi in buona parte sul romanzo di Pierce. Ne era talmente ossessionato da averlo letto decine e decine di volte ed acquistato in enormi quantità per diffonderlo il più possibile.
Last but not least: The Turner Diaries è uno dei libri ancora oggi più richiesti e venduti sulle bancarelle dei gun show. Con le destre più estreme che stanno dilagando un po’ ovunque, il cinema almeno, il buon cinema che sa essere barometro dei nostri tempi, mette in guardia circa le tempeste in atto e i possibili peggioramenti. E tra i numerosi titoli presenti qui a Venezia a fare la loro parte, The Order è decisamente uno di questi.