Amore tossico in Louisiana

Arriva in sala il “quarto italiano” di Cannes. È il nuovo capitolo del “viaggio” nell’altra America di Roberto Minervini. Un durissimo ritratto (anche troppo) di una società ai margini, tra bianchi drogati e poverissimi e reduci in disarmo, in attesa di nuove guerre…

louisiana-minervini-659x494Quello di Roberto Minervini è uno sguardo sulla realtà molto personale. Decisamente diverso da quello che troviamo nel panorama italiano. E a dirla tutta, infatti, questo autore, nato nel 1970 in un piccolo paese delle Marche, in Italia ha vissuto ben poco, “preferendo”, come i tanti nostri “cervelli in fuga”, prima la Spagna, poi New York, poi le Filippine e ancora il Texas, dove vive tutt’ora con la sua famiglia. In questo lungo “peregrinare” ha affinato il suo gusto per il cinema del reale, diventandone uno degli esponenti internazionali più seguiti e premiati nei festival di tutto il mondo.

Con occhio da fotoreporter, la sua passione originaria, Roberto Minervini ha indagato soprattutto le tensioni sociali dell’America più invisibile, quella più distante dal “sogno”, quella dei poveri, dei marginali a cui ha dedicato i suoi primi tre lavori che vanno sotto il nome di “trilogia del Texas” (The Passage, Low Tide, Stop the Pounding Heart). Seguendo questo filo rosso, o meglio la famiglia Trichell, protagonista del penultimo e magnifico Stop the Pounding Heart, Minervini è arrivato in Louisiana (The Other Side) per questo suo quarto film che, ancora una volta, indaga un territorio, il West Monroe, dove il 60% della popolazione è disoccupata, dimenticata dalle istituzioni e falcidiata dalle anfetamine.

In questa terra invisibile il regista ha individuato, inseguito e raccontato i suoi nuovi protagonisti, una comunità di bianchi poveri, dove la miscela di illegalità, tossicodipendenza e indigenza, diventano miccia sociale, rabbia e sentimenti di rivalsa nei confronti “del resto del mondo”. Ed è qui che seguiamo “l’amore tossico” di Lisa e Mike attraverso il loro quotidiano disperato, di cui il regista non ci nasconde nulla, neanche i “buchi” sulle tette della danzatrice di lap dance incinta, una delle tante “vittime del sistema”, in cui a farsi di metanfetamine – preparete in casa da Mike –  vediamo intere famiglie, dalla mamma al figlio adoloscente. Gran parte del film va via così, quasi nell’intento programmatico di scioccare. E quando l’obiettivo si allarga alla comunità dei veterani e degli ex combattenti delle forze speciali che, armati fino ai denti, vediamo impegnati in inquietanti esercitazioni in attesa di nuove guerre, si ha la sensazione che il vero film sarebbe potuto essere questo.