Apre il MIAC, museo dell’immaginario che verrà. E dei sogni sognati da Fellini & Co.
Apre il 18 dicembre il MIAC, il Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema di Cinecittà. Un nuovissimo spazio espositivo dedicato non solo alla settima arte ma a tutto ciò che ha dato forma ai sogni e all’immaginario degli italiani, con Fellini in testa. Ma pensato come startup, modificabile e aggiornabile nel corso del tempo, come fosse “un sito web in muratura” …
È una frase di un regista che sui sogni ha fondato la propria poetica, Federico Fellini, a dare il benvenuto ai visitatori del MIAC: “l’unico vero realista è il visionario”. Una dichiarazione d’intenti piuttosto chiara, ma che già evoca nella mente di chi la legge quel lieve senso di commozione tipico della nostalgia.
Il Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema (MIAC, appunto) trova il suo posto nell’edificio che un tempo fu il Laboratorio di Sviluppo e Stampa, inaugurato nel 1937 e situato subito dopo l’ingresso storico della città del cinema, luogo che nel tempo ha visto passare al proprio interno molti dei capolavori del cinema italiano.
Non si tratta però di “un’usurpazione”, bensì di una meravigliosa riscoperta, che ha ridato al laboratorio un ruolo importante nella nuova vita degli Studios – tornati pubblici dopo la poco luminosa gestione della cordata privata capeggiata da Abete – e che allo stesso tempo gli ha riconsegnato il suo storico compito: sarà infatti riaperto al suo interno un laboratorio di Conservazione e Restauro, specializzato nel restauro analogico.
L’intervento edilizio non è certo stato indifferente, si è trattato di rigenerare ben 1650 metri quadri del complesso originale, “il più possibile facendo i lavori in casa, cioè affidandoci ai laboratori di Cinecittà”, spiega il presidente e amministratore delegato del’Istituto Luce, Roberto Cicutto, che nel 2017 è tornato anche alla testa degli storici Studios.
Il Museo si articola in 12 ambienti principali, illuminati solo dalle installazioni video (proprio come se si fosse in sala) e ideati da NONE Collective, ognuno con un suo nucleo tematico: Storia, Lingua, Potere, Musica e così via. A tagliare in due l’edificio oltre trenta metri di corridoio, lungo i quali è stata ricostruita, con sorprendenti giochi di luci e proiezioni, la storia dell’audiovisivo italiano e non, che arriva fino al presente (letteralmente, l’ultima tappa celebra Lina Wertmüller e il suo Oscar alla carriera, consegnatole appena qualche giorno fa).
Lungo questa curatissima timeline i più appassionati possono ritrovare volti e voci che li hanno emozionati, mentre i più giovani possono scoprire per la prima volta le immagini che hanno fatto parte del presente di chi li ha preceduti. Attraversa le sale anche l’antico nastro trasportatore, su cui anni fa passavano le pizze di pellicola prima di affrontare il viaggio definitivo verso la sala cinematografica, mentre oggi trasporta i pensieri dei visitatori su schermi luminosi per poi trasformarli in biglietti stampati.
La forza del MIAC è però lo sterminato numero di documenti audio e video che vengono offerti al pubblico in un mescolarsi continuo, quasi come in una sfilata felliniana, così che in ogni sala l’occhio viaggia da un fotogramma conosciuto all’altro e intanto dalle casse si riconoscano schegge di dialoghi di film ancora differenti.
Questa vastissima cisterna di materiale deriva dalla collaborazione fra i due archivi più importanti del nostro Paese, quelli dell’Istituto Luce e delle Teche Rai, a cui si aggiunge anche il Centro Sperimentale di Cinematografia, che possiede la cineteca più vasta d’Europa. Il risultato è la ricostruzione fedele di un passato comune in cui ognuno riesce a riconoscersi a suo modo, lo specchio di un popolo intero.
“Un museo dell’immaginario”, dice il critico Gianni Canova che del MIAC è curatore assieme allo storico della fotografia Gabriele D’Autilia, allo studioso di mass media Enrico Menduni e al regista Roland Sejko, con la consapevolezza che la storia dell’audiovisivo continuerà ad evolversi e che il Museo dovrà andare di pari passo.
Per questo motivo è stato infatti pensato come startup, modificabile e aggiornabile nel corso del tempo, tanto che due locali sono state lasciati liberi per il futuro, “l’idea è quella di un sito web in muratura”, spiega sorridendo Menduni. Presto il MIAC si avvarrà anche di un’importante biblioteca in cui confluiranno gli oltre 5000 volumi della biblioteca personale del grande critico Tullio Kezich (a cui è stato intitolato anche lo spazio di lettura), donati al Museo dalla vedova, Alessandra Levantesi Kezich. Oltre a questo, in cantiere già due esposizioni temporanee, una sul passaggio dallo sceneggiato alla serie tv e l’altra a Federico Fellini.
L’idea del Museo, nasce nel 2014, durante le celebrazioni per i novant’anni dell’Istituto Luce, fortemente voluto dal Ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini che oggi, ovviamente, ha tagliato il nastro nel corso della presentazione alla stampa. L’apertura al pubblico sarà a dicembre.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
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