Casalinghe disperate in Technicolor. Che “favola” Filippo Timi en travesti

Proiezione speciale il 21 giugno al “Festival Mix Milano” e poi in sala per soli tre giorni (dal 25 al 27 giugno con Nexo Digital), “Favola”, l’ acclamata black comedy di Filippo Timi già portata con successo in teatro e qui nell’adattamento cinematografico con la regia di  Sebastiano Mauri, vista al festival di Torino. In un’apparente happy family americana anni Cinquanta …

C’era una volta….
Le favole iniziano così. Ma nel nostro caso di volte ce ne saranno tre, il 25, il 26 e il 27 giugno (qui l’elenco delle sale). Tre date, tre occasioni. Da non perdere assolutamente perché in quegli unici giorni sarà possibile vedere il film prodotto da Palomar con Rai cinema e distribuito da Nexo Digital, che si chiama appunto Favola e che inaugura, il 21 giugno il Festival Mix Milano di cinema gay lesbico e queer culture, che durerà fino al giorno 24.

È difficile uscire dalla sala dove un film viene proiettato con la stessa sensazione di sazietà, di soddisfazione, come quella che si può provare dopo un’ottima cena accompagnata da un eccellente bicchiere di vino. Eppure vedendo Favola si ha proprio questa sensazione fatto salvo che, naturalmente, sui gusti non si discute.

La sostanza dell’arte, come è noto, non consiste nel “cosa”, ma nel “come”, altrimenti tutti coloro che si sono cimentati con la Madonna sarebbero Giotto o Beato Angelico o Raffaello.

Il cosa è presto detto, come spesso capita la realtà non é come appare. Svolgimento: in un’ America anni Cinquanta, in una non meglio identificata città di provincia –le province si assomigliano tutte –  si narra la storia di una mogliettina Mrs. Fairytale e di una sua amica, Mrs Emerald, che appaiono carine, perfette, tranquille.

Piano piano si scoprirà invece che l’apparenza inganna. Che non è oro tutto quello che luccica e via con le metafore equivalenti. Che la casina dipinta con tenui e rassicuranti colorini è quasi un castello degli orrori, che tutti quei ciondoli, ninnoli e cianfrusaglie che la riempiono, sono solo illusioni, sogni, finzioni.

Addirittura il barboncino bianco, interlocutore e alter ego della signora Fairytale, è impagliato pur godendo di una apparente mobilità. Che le signore hanno i rispettivi mariti che le picchiano tutti i giorni, come fosse la cosa più naturale del mondo, accettata come un dato di fatto che non si discute, (Fairytale) o le ignorano totalmente sotto tutti i punti di vista (Emerald).

Ma poi pian piano i segreti disvelati aumentano, il crescendo delle rivelazioni che mettono a nudo tutta la tragica realtà che si cela sotto le rassicuranti apparenze si fa assordante. Fino all’ esplosione finale dei timpani e degli ottoni, cui segue l’adagio del delizioso happy end che apre gli orizzonti a una nuova realtà, fuori dagli schemi, dove ognuno, finalmente, può mostrarsi per quello che è. Una black comedy in costume che usa l’ironia per farci riflettere su temi seri, e il passato altrui per gettare luce sulle contraddizioni del nostro presente, narrando la presa di coscienza e liberazione di una straordinaria donna americana, bianca, borghese e… transessuale. Raccontare di più sciuperebbe la sorpresa e quindi chi la vuole gustare deve scoprirla personalmente al cinema.

E veniamo al “come” indissolubilmente legato al “chi”.
La tentazione di sprecare i superlativi è forte. Gli attori sono davvero bravissimi. Filippo Timi, mattatore indiscusso, come già detto anche autore del soggetto (già messo in scena e interpretato per il Teatro Franco Parenti nel 2011), si trova assolutamente a suo agio con i vestitini l’acconciatura e perfino sui pericolosi tacchi della protagonista: “ ho pattinato sul ghiaccio ed ho imparato a stare in equilibrio” ha spiegato.

Affascinante e convincente la Emerald di Lucia Mascino, assolutamente perfetta nell’interpretare la versione “fai da te” di Doris Day, allora idolo delle casalinghe americane. Da sottolineare infine Piera Degli Esposti, mother, la mamma di Fairytale, custode dell’ortodossia della casalinga, salvo poi mostrare anche lei, alla fine, il suo volto umano.

Senza sbavature regia, montaggio, colonna sonora, fotografia, scenografie, costumi. Il regista è Sebastiano Mauri, autore anche della sceneggiatura insieme allo stesso Timi, un artista visivo che ha esposto in tutto il mondo, scrittore, autore di premiati cortometraggi che in questo film ha travasato tutte le esperienze multimediali maturate fra Milano, New York e Buenos Aires.

La fotografia, una delle note più positive in un insieme fatto da fuoriclasse è di Renato Berta, attivissimo in Francia, che ha fra l’altro firmato Il giovane favoloso di Mario Martone. Le musiche dei collaudatissimi Pivio e Aldo De Scalzi il cui nome rinvia immediatamente fra le tantissime, a Song’ e Napule e Ammore e malavita dei Manetti Bros.

Da citare ancora la scenografia di Dimitri Capuani, fra gli artefici del successo di Dogman e Il racconto dei racconti di Matteo Garrone. Per finire, citazione obbligata, di Fabio Zambernardi, design director dei brand Miu Miu e Prada da quindici anni.
Sbrigatevi, avete solo tre giorni.