Ci vorrebbe un amico. Sigrid Nunez attraverso il lutto in compagnia di Apolllo
Mentre arriva in sala “L’amico fedele – The Friend” di Scott McGehee e David Siegel con Naomi Watts nei panni della protagonista, vi proponiamo la lettura dell’omonimo romanzo di Sigrid Nunez a cui è ispirato il film. Il sorprendente legame tra una scrittrice in lutto per la scomparsa del suo amico e mentore, del quale le verrà affidato il cane anche lui in lutto per la scomparsa del padrone. Un enorme alano di nome Apollo nel minuscolo appartamento di Manhattan. Eppure l’improbabile coppia intraprenderà un percorso fondato su un dolore condiviso, fino a un inatteso epilogo di accettazione e guarigione …
È il lutto, anche se a lieto fine, che impregna L’amico fedele della scrittrice newyorkese Sigrid Nunez (1951) tradotto da Garzanti (2019, 224 pp., 17,60 euro) e rieditato per l’uscita del film nel 2025 (The friend. L’amico fedele), vincitore nel 2019 del National Book Award for fiction. Da un trentennio sulla scena letteraria, Sigrid Nunez ha al suo attivo testi molto celebrati dalla critica – fra cui Feather on the Breath of God (1995), Salvation City (2010) e la biografia Sempre Susan, a memoir of Susan Sontag (2011). Nonché Attraverso la vita (sempre Garzanti) a cui si è ispirato Pedro Almodovar per il suo magnifico La stanza accanto, Leone d’oro a Venezia 2024.
Una narratrice sconvolta si rivolge, per più di metà del libro, a un amico docente di un corso di scrittura di cui era la studentessa più promettente. Ne è stata, per breve tempo, l’amante, “un errore” lo definisce; lui si è da poco suicidato, lasciando sgomenti, chi più chi meno per motivi diversi, qualche ex moglie e il cane alano Apollo.
Alla protagonista del romanzo Iris viene affidato, in memoria del suo mentore e caro amico, proprio Apollo, affetto da depressione reattiva. A trattenerla dal liberarsene è il dolore muto e straripante dell’animale per la morte del suo padrone. I cani, scrive Nunez, “non commettono suicidio. Non si lamentano. Ma possono cadere a pezzi e lo fanno. Il loro cuore può spezzarsi e si spezza. Possono perdere la ragione e la perdono”. Lo strazio della donna presto si specchia in quello dell’animale e la divorante solitudine delle loro vite finisce per intrecciarsi.
Accolto con riluttanza – quale ultimo gesto d’affetto per un uomo che è stato più di un amico ma finirà per ribaltarle l’esistenza – il gigantesco cane, “il più grande che avessi mai visto, dalla testa enorme che ricordava quella di un poney” nel minuscolo appartamento di Manhattan, Iris sviluppa un sorprendente legame con il sensibile Apollo, nonostante la sua imponente presenza sconvolga impegni professionali e routine quotidiana. Fianco a fianco, l’improbabile coppia intraprende un percorso fondato su un dolore condiviso, fino a un inatteso epilogo di accettazione e guarigione.
Il filo rosso di questa storia singolare è il rapporto fra l’autrice e Apollo, che presto diventa il personaggio di primo piano. Nel condominio dove lei abita i cani sono vietati e la minaccia dello sfratto presto diventa realtà. Lei ha sempre preferito i gatti e, come se non bastasse, la vita con Apollo si rileva un inferno: il cane la ignora, troppo ingombrante per quell’appartamentino e, appena lasciato a se stesso, divora carte e cuscini e quant’altro, fra cui un volume del suo autore preferito– l’impresa più memorabile è lo squartamento di alcuni scritti dei suoi allievi.
Ma presto “distesa, immobile sulla schiena, nella nebbia nauseabonda del suo alito”, l’autrice poco a poco si abitua ai suoi sputi, al suo peso, nonché alla sua dolcezza, e inizia perfino a intravvedere un lato positivo nel fatto che mordicchi alcuni testi tutto sommato inutili. Turbata e confusa, s’interroga sull’esistenza difficile degli animali, innocenti pervasi da sentimenti di impotenza, di vulnerabilità e di paura impossibili da esprimere.
Inizia a leggere ad Apollo ciò che scrive – lui sembra gradire e chiederle di continuare -, a ignorare i passanti incresciosi che lo prendono in giro e le donne che lo trovano “sexy”, e si inquieta per il deteriorarsi della sua salute. E se dovesse morire prima di lei? Sul finale il “tu” iniziale cambia destinatario: Iris non si rivolge più all’amico defunto, ma al suo cane, e non si sa più quale dei due è “l’amico” del titolo.
“Senza alcun dubbio, questo amore non ha niente a che vedere con quanto ho provato in passato” ammette. In epigrafe l’autrice cita Natalia Ginzburg: “Non ci si può consolare scrivendo”. Insomma, la scrittura non lenisce il dolore, e il ritorno alla vita avverrà nel silenzio più profondo.
Eppure Sigrid Nunez tenta di tornare alla vita, esplorando passato defunto e presente polverizzato, muovendosi fra diario, lettera e memoria con la libertà di uno spirito rotto all’arte del vagabondaggio, ma con un motto: “niente sentimenti, né autocommiserazione, ma senso dell’umorismo”. Ma quest’ultimo, a volte malinconico, a volte feroce fino all’ironia, pervade tutto il romanzo, come antidoto alla disperazione: “Quando a uno scrittore accade qualcosa di terribile, vi è sempre un lato positivo”.
23 Dicembre 2016
Quel medico di campagna, quasi amico
In sala dal 22 dicembre (per Bim) "Un medico di campagna", interpretato…
27 Gennaio 2024
“Sotto le mura di Gerusalemme”. Il libro di Tano D’Amico presentato all’AAMOD
Venerdì 2 febbraio (ore 18:00) l'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e…