Commedia al femminile? Sì che la amo!

“Stavolta parliamo di donne”. Registe, sceneggiatrici e attrici al Fesival del Cinema europeo di Lecce, per fare il punto sullo stato dell’arte della commedia al femminile. E alla fine tutti d’accordo:”Più sceneggiatrici e soggettiste donne per cambiare il punto di vista”…

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La presenza di Monica Vitti, bellissima, nella mostra fotografica curata dalla Cineteca Nazionale, aleggia su Lecce. E non a caso. Come si può parlare di comicità al femminile senza evocare la musa di Antonioni, che è stata anche e soprattutto la protagonista assoluta della commedia all’italiana?

La ricorda, infatti, Laura Delli Colli, presidente del Sindacato giornalisti cinematografici, nel corso della terza edizione degli Stati generali della commedia italiana che il Festival del Cinema europeo di Lecce ha intitolato quest’anno, programmaticamente: “Stavolta parliamo di donne”, a cura di Marco Giusti.

Un incontro-dibattito tra registe, sceneggiatrici e attrici, per una volta, per provare a capire se qualcosa stia cambiando in quello che per tradizione è sempre stato uno dei generi più “maschilisti” del cinema.

Lo conferma Maria Sole Tognazzi, per esempio, che con le commedie Viaggio da sola e Io e lei ha raccontato di “donne senza uomini, o meglio donne che ce la fanno da sole”. Riservando, appunto, ai personaggi maschili quei ruoli ancillari abitualmente attribuiti ai personaggi femminili.

“In questo effettivamente sta cambiando qualcosa”, ribadisce Francesca Manieri, la sceneggiatrice di Vergine Giurata, di Nemiche per la pelle e del film del momento, Veloce come il vento di Marco Rovere dedicato al mondo della gare automobilistiche, “riserva maschile” per definizione. “Come si dice in sceneggiatura quello che fa la differenza è poggiare i colpi di scena sui personaggi femminili. Come nel caso di Veloce come il vento, per esempio, dove Giulia non è una ragazzina dentro un mondo di soli uomini”, ma è lei stessa la protagonista.

Conferma, infatti, anche Federica Pontremoli, sceneggiatrice di Moretti, Comencini ma anche di Giorgia Farina e Ferzan Ozpetek: “Nel film di Matteo Rovere sì è finalmente compiuto il salto, portando in primo piano il personaggio femminile. Ma molto c’è ancora da fare perché il pubblico si abitui”.

Lamenta, infatti, la mancanza di ruoli femminili fuori dai soliti cliché l’attrice Paola Minaccioni, molto critica, fra l’altro, su cosa sia “la comicità al femminile”. O la giovanissima Ilenia Pastorelli appena baciata dal successo (e da un David) per Lo chiamavano Jeeg Robot, che confessa, a sorpresa, di essere cresciuta coi film della Magnani e della Vitti. Mentre Laura Delli Colli, ancora, raddrizza il tiro delll’incontro, precisando di non essere d’accordo “con l’impostazione sessista” del dibattito e soprattutto, ricordando che c’è una differenza tra “commedia e cinema comico”, rappresentato quest’ultimo da una “stagione di titoli-fotocopia da buttare”.

Secondo Carlo Verdone, perché il cambiamento avvenga, è fondamentale il contributo di “sceneggiatrici e soggettiste donne. I miei film coi migliori personaggi femminili li ho scritti con Francesca Marciano. Solo la sensibilità femminile, insomma, può fare la differenza”.

Tanta la carne al fuoco, dunque e tanta la strada da fare. Peccato che sul palco non ci sia anche la giovane Caterina Carone che al festival di Lecce ha portato il suo film d’esordio, l’originale commedia Fräulein, una fiaba d’inverno, con Christian De Sica (tra i protagonisti di questa rassegna) e Lucia Mascino. Sicuramente sarebbe stata una voce fuori dal coro.