Come curare l’artrosi dei sentimenti. Il libro che ha ispirato Amelio
È “La tentazione di essere felici” (Longanesi) del napoletano Lorenzo Marone a cui Gianni Amelio si è ispirato per “La tenerezza”. Non è un libro per vecchi, come del resto non lo è neanche il film, quanto piuttosto un romanzo sulla possibile “artrosi” dei sentimenti. Malattia tosta per l’umano che può colpire ad ogni età. Da leggere avidamente…
L’omaggio al libro, che ha ispirato il film, La tenerezza, è il nome con cui Gianni Amelio ha battezzato il suo protagonista. Che non è Cesare, com’era ne La tentazione di essere felici (Longanesi), ma Lorenzo. Che poi è quello di Marone, il quarantenne, dotato, scrittore napoletano autore del romanzo.
Ma Amelio non ha cambiato, per evidente gratitudine, soltanto questo. Ha preferito traslocare anche l’ambientazione: dal Vomero ad un palazzo pur bellissimo, ma dei quartieri spagnoli . “Sennò avrei fatto – si giustifica – come un giapponese che viene a Roma e invece di visitare il Colosseo per prima cosa va a veder Piazza Euclide” (nel ricco quartiere Parioli n.d.r.).
Anche la professione è un’altra: Cesare, ex ragioniere iperallergico a conti ed incasellamenti di ogni tipo, con figlio gallerista gay non dichiarato e brusca figlia avvocato, è diventato, nel film, un avvocato. Professione che, nella vita reale, Lorenzo Marone ha abbandonato per diventare a tutto tondo scrittore.
E ha fatto bene. Considerando non solo quanto Amelio fa dire nel film: “Essere avvocato e pure onesto sono due cose che non tornano”, ma soprattutto il successo che ha avuto questo suo primo libro arrivato in due anni già alla tredicesima edizione.
A raccontarsi e raccontare il tutto con feroce ironia ma anche perizia da entomologo è Cesare, in instancabile competizione, prima di tutto con la raggiunta età – settantasette – a cui non vuole in nessun modo arrendersi, ma anche coi suoi sentimenti: per la moglie defunta che aveva smesso d’amare ancor prima di mettere in cantiere i loro due bambini; per i figli ora adulti con cui non riesce a comunicare; per la sua amante a pagamento pettoruta e attempata; ma anche per i suoi condomini (una bulimica gattara che emana puzze intollerabili se solo apre la sua casa o si avvicina a chiunque, e un caro amico di sempre che è diventato un tutt’uno con la tv e la sua poltrona sgangerata. In buona parte vecchierelli anche loro, ma arresi con noncuranza agli acciacchi da anziani.
Però “Non è un libro per vecchi” (come del resto non lo è neanche il film) quanto piuttosto un romanzo sulla possibile “artrosi” dei sentimenti. Malattia tosta per l’umano che può colpire ad ogni età. Ma da cui si può guarire. Appunto ad ogni età. Anche se poi la cura, come nel caso di questa storia, può essere davvero dolorosa.
Scritto con mano frizzante da qualcuno che i sentimenti di chiusura e apertura del cuore li sa esprimere bene, si legge avidamente, spinti dalla curiosità di come andrà a finire.
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