Dieci minuti al giorno tolgono la depressione di torno. Maria Sole Tognazzi inciampa sulla scrittrice in crisi
In sala dal 25 gennaio (per Vision Distribution) “Dieci minuti” il nuovo film di Maria Sole Tognazzi, liberamente ispirato al romanzo di Chiara Gamberale. Una nuova storia al femminile con una protagonista (Brbara Ronchi) in piena crisi depressiva e immancabile risalita. Impeccabile Margherita Buy nei panni della strizzacervelli che le propone l’insolita terapia: provare “dieci minuti al giorno” qualcosa mai fatto nella vita …
“Dieci minuti al giorno di una cosa che non hai mai fatto in vita”.
Questo è il non gioco, l’esercizio-terapia che la spazientita Giovanna (nome che i suoi pazienti ritengono improprio), cognitivista-comportamentista (vestita con impeccabile physique du rôle da Margherita Buy) propone a Bianca, iper depressa aspirante scrittrice, fresca ex moglie e per di più neo-esentata via cell in treno dal suo lavoro a una rubrica, “Pranzo di famiglia”, dopo il suo ultimo sciatto articolo ambientato in un circo.
Potrebbe essere l’incipit di un ennesimo film quasi comico made in Lazio, con non sopito accento romano e audio non sempre “audiente”.
Ma, superando l’apertura, la storia, liberamente tratta da Maria Sole Tognazzi e Francesca Archibugi dal libro di Chiara Gamberale (Per dieci minuti, Feltrinelli 2015), diretta dalla Tognazzi e interpretata da Barbara Ronchi (Bianca), Fotìni Peluso (la sorellastra), Alessandro Tedeschi (il marito fuggito), prende un’altra strada.
Bianca non esce da una settimana e versa fiumi di lacrime.
La terapista Buy (stavolta non ne I giorni dell’abbandono, film del 2002 di Roberto Faenza, tratto dal libro della Ferrante), non avendo a disposizione un musicista condomino attraente da proporre a Bianca, si alza, apre un armadietto, e le schiaffa sul tavolo un pacchetto di kleenex.
“Ne ho altre 100 scatole per cento fiumi di lacrime” la incalza con sgarbo ironico. L’accusa di eccessiva cautela verso sé stessa, di mancanza di senso o principio, del suo non accorgersi di niente, che è poi l’accusa con cui l’aveva piantata suo marito. E le propone la bizzarra terapia.
Insomma non è chiaramente né una semi-muta freudiana, né una fantasiosa Junghiana, né una preoccupante Fagiolina: è una che va’ al sodo.
Ordina compiti precisi: i quotidiani minuti dieci, che Bianca lungo il libro e film porterà a termine, e porteranno lettori e pubblico anche a capire le ragioni & origini del suo disturbo.
Quello che si fa più fatica ad inquadrare è l’elogio alla debolezza che la Giovanna terapista offre in chiusura di cura alla paziente citando Tolstoj.
Prodotto da Indiana Universal e distribuito da Vision Distribution, il film è pronto per le sale e poi per Netflix.
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