Doss, l’eroe di guerra che non ha sparato un colpo

In sala dal 2 febbraio (per Eagle Pictures) “La Battaglia di Hacksaw Ridge”, il nuovo film di Mel Gibson dedicato alla figura leggendaria di Desmond T. Doss, medico e obiettore di coscienza che salvò 75 compagni durante la sanguinosa battaglia di Okinawa. Un eroe in stile Mel Gibson, una conferma del suo “cinema tutto d’un pezzo”…

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Non si può certo dire che l’ultimo film di Mel Gibson, La Battaglia di Hacksaw Ridge, distribuito nella sale italiane da Eagle Pictures dal 2 febbraio e candidato all’Oscar, sia brutto, tanto meno adatto agli stomaci deboli. La storia è di quelle che lasciano il segno, il film è girato benissimo, lo sforzo produttivo della Leone Film Group davvero notevole e l’attore protagonista, Andrew Garfield, è bravo e perfetto per il suo ruolo.

Si tratta della storia vera di Desmond T. Doss, medico e obiettore di coscienza che si arruola volontariamente nell’esercito americano perché il bombardamento giapponese di Pearl Harbour è stato per lui “come un’offesa personale”. Dopo un periodo di addestramento in cui deve superare la diffidenza dei compagni e dei superiori – dato che non intende toccare un’arma come prescrive la sua religione viene addirittura sottoposto a processo per insubordinazione –, Doss alla fine la spunta e viene inviato sul fronte di guerra.

Qui si trova coinvolto in una delle battaglie più sanguinose della Seconda Guerra Mondiale, la carneficina di Okinawa che si concluse con la vittoria americana e segnò la svolta decisiva della guerra nel Pacifico prima della resa giapponese (ma ci vollero ancora due bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki).

Doss, naturalmente, si comporta da eroe, pur senza mai sparare un colpo. Al termine della battaglia, mentre i compagni fuggono in ritirata prima di scagliare l’attacco decisivo, lui solo rimane sul campo e, contando solo sulle proprie forze sotto il tiro dei giapponesi, riesce a salvare la vita di 75 compagni feriti nel corso della battaglia, prima di restare a sua volta ferito in modo non grave. Per questa sua impresa Doss sarà insignito della Medaglia d’Onore dal presidente Truman e, dopo il suo ritorno in patria ma anche prima, la sua figura diventerà leggendaria.

Sulle tracce de Il cacciatore e ancora di più di Full metal jacket, il film è diviso nettamente in due parti. La prima, senza dubbio più riuscita, si svolge in America ed è tutta di preparazione a ciò che avverrà nello scenario di guerra, con i tratti del protagonista messi in luce efficacemente e una buona descrizione dei personaggi di contorno.

La seconda parte è tutta concentrata sulla battaglia di Okinawa, che per la crudezza delle immagini ricorda lo Spielberg di Salvate il soldato Ryan (ma quanto più pathos in quel film e in Lettere da Iwo Jima di Clint Eastwood). Qui Mel Gibson finisce per calcare un po’ troppo la mano, e non avrebbe certo nuociuto al film una buona mezz’ora di tagli per rendere il tutto più digeribile.

Finale grondante retorica, con le interviste ai personaggi autentici della storia, compreso il protagonista ripreso in immagini di repertorio, che servono a dare al film l’imprimatur della veridicità. Alla fine – forse perché la storia e il protagonista avrebbero bisogno di un trattamento più delicato e ricco di sfumature – resta l’impressione che Mel Gibson in quanto a valori yankee non conosca mezze misure. E si sa: da Il Patriota a Bravehart, passando per La Passione di Cristo, il regista sessantunenne ci ha abituato a un cinema tutto d’un pezzo.