“Goodbye Berlin”, la generazione che si ribella ridendo

È il nuovo film dell’apprezzato regista tedesco – di origini turche – Fatih Akin, trattto dal romanzo di Wolfgang Herrndorf diventato un vero caso in Germania. Un divertente road movie con due adolescenti che si ribellano ridendo, presentato nella sezione Alice della Festa di Roma…

Maik (Tristan Göbel), Isa (Mercedes Müller) und Tschick (Anand Batbileg)
Maik (Tristan Göbel), Isa (Mercedes Müller) und Tschick (Anand Batbileg)

Sono due quattordicenni della nuova Germania. Uno è Maik timido e solitario, definito dai compagni di scuola “il noioso”. L’altro è Andrej Tschitschatschow, ribattezzato Tschick, un immigrato di origine russa, dal carattere impetuoso e sardonico.

Potrebbe assomigliare, quest’ultimo, allo stesso regista Fatih Akin, nato ad Amburgo ma da genitori turchi  e protagonista, in  gioventù, di episodi non proprio pacifici. Ormai molto affermato con opere notevoli (La sposa turca, Soul Kitchen, Il padre), Fatih Akin ora presenta questo Goodbye Berlin, regalandoci un’opera assai godibile. Anche per merito dei due interpreti  adolescenti Tristan Göbel e Anand Batbileg.

Un gioiellino davvero, tratto da un libro di Wolfgang Herrndorf che in Germania ha avuto un notevole successo mentre in Italia è stato pubblicato da Rizzoli. Un libro e ora un film che appare come dedicato a un pubblico di ragazzi (alla festa di Roma inserito nella sezione Alice) ma che andrebbe diffuso anche tra un pubblico  adulto.

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Perché la vicenda offre sequenze di spassoso divertimento, girate con grande abilità e con attori incantevoli, ma anche una riflessione sulla nuova Germania o addirittura sulle tradizionali società europee.  Perché i due organizzano una fuga, un viaggio verso la Valacchia, indefinito principato danubiano. E questo spericolato percorso a bordo di una scassata Lada, rappresenta, per Maik soprattutto, un atto di rivolta verso i genitori.

Il padre è a capo di un agenzia immobiliare e appare come il severo custode del rigore morale sassone. Si scopre però che divide la sua seriosa esistenza con una piacevole segretaria minorenne. La madre, ex tennista,  è un’alcolizzata. Una famigliola che appare sorridente e felice nell’enorme cartellone che fa da pubblicità all’immobiliarista. È il regno dell’ipocrisia che alla fine viene abbattuto quando madre e figlio rovesciano nella pregiata piscina i mobiletti del papà perbenista.

È stato scritto, in una recensione francese del libro: “Un livre heureux, qui rend heureux”. È possibile dire la stessa cosa del film. Rende felici, non solo per i tanti spunti di buonumore ma anche perché segnala forse l’avvento di una generazione capace di ribellarsi ridendo.


Bruno Ugolini

giornalista de l'Unità e autore di saggi sul sindacato


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