Hugo, Delacroix e gli altri. Romantici e rivoluzionari nella Parigi dell’800 su Arte

In onda su Arte (fino al 19 luglio) “L’esercito dei romantici. Artisti e scrittori nella Parigi dell’800″, quattro puntate doc di animazione, dedicate al Romanticismo in Francia. Tra pittura e letteratura, ma anche la nascete fotografia, un viaggio attraverso l'”altra rivoluzione francese”, come definirono alcuni il movimento. La regia è di Amélie Harrault  …

Penne, fucili e pennelli: queste le “armi” che vinsero il vecchio mondo artistico e diedero vita nel 1827 al movimento romantico, destinato a rivoluzionare la letteratura, l’arte e la musica. Decisa a regolare i conti con il vecchio mondo, la banda di giovani “ribelli” capitanata da Victor Hugo, Alexandre Dumas, Eugène Delacroix, Edouard Manet, per dirne soltanto alcuni, intrecciò la creatività a una crescente coscienza politica.

Questo movimento artistico, letterario e rivoluzionario, ispirato dai suoi vicini inglesi e tedeschi, reinventò fra il 1827 e il 1870 la maniera di scrivere, di dipingere e di comporre, a partire dalla tela La morte di Sardanapalo di Delacroix, il suo manifesto ispirato dai romantici inglesi, Lord Byron in particolare, che fece scandalo per la violenza fisica riprodotta. Victor Hugo applaudì: Delacroix aveva saputo cogliere quel momento indicibile in cui tutto si ribalta, dipingere ciò che il poeta intendeva scrivere. Era partita la battaglia fra classici e romantici.

Lo stesso Delacroix, con la sua visione politica dell’arte, realizzò poi nel 1830 il celebre La libertà che guida il popolo, considerato a tutt’oggi il capolavoro del romanticismo. E l’”altra Rivoluzione francese” – come definirono alcuni il movimento – ci viene ora illustrata su iniziativa della rete Arte con la serie L’esercito dei romantici. Artisti e scrittori nella Parigi dell’800 commentato dall’attrice Cécile de France, in onda fino al 19 luglio in quattro puntate (1827 – 1874) raccontate magnificamente in animazione tradizionale 2D.

Con le opere innovative quali il dramma passionale Hernani di Victor Hugo (1830), Pelle di zigrino (1831) di Honoré de Balzac, la Sinfonia fantastica (1830) di Hector Berlioz, trionfarono gli esaltati romantici, ben decisi a regolare i conti con il vecchio mondo e infrangerne le convenzioni tradizionali.

“La battaglia che si combatte con Hernani è quella delle idee, del progresso” aveva annunciato Hugo, il quale, con l’altro allora aspirante autore teatrale Dumas, era rimasto affascinato da una rappresentazione di Romeo e Giulietta di Shakespeare al Teatro dell’Odéon, che aboliva la sacra regola teatrale dell’unità di tempo, luogo e azione, per esprimersi in tutta libertà.

Il tutto avviene mentre a Parigi è in atto la rivoluzione del 1830, con Carlo X costretto ad abdicare in seguito alle “tre gloriose” giornate di fine luglio che videro Dumas e altri prendere le armi e la prigione di Sainte-Pélagie accogliere nuovi prigionieri politici, fra cui borghesi sul lastrico, giornalisti squattrinati, poeti contestatori, quali lo scrittore Gérard de Nerval e il caricaturista Honoré Daumier, colpevole di avere raffigurato il nuovo re Luigi Filippo con le sembianze di … una pera.

Dopo Gli avventurieri dell’arte moderna del 2016, in sei episodi e ora riproposto sempre da Arte, sulle storie intime e personali degli avanguardisti dell’arte moderna dagli albori del ‘900 alla Liberazione di Parigi dall’occupazione nazista, questa nuova serie documentaria, anch’essa diretta da Amélie Harrault – nota Oltralpe per Mademoiselle Kiki et les Montparnos (2013), premio César per il migliore cortometraggio in 2D e dedicato a Kiki, musa dei primi surrealisti – viene ora a esplorare il movimento romantico in particolare nei suoi rapporti con le lotte popolari per la democrazia.

Nei primi anni i romantici erano onnipresenti: nel teatro, nei giornali, nelle librerie; Hugo, eletto all’Académie française, si indignava dinanzi alla miseria del popolo e redigeva il suo celebre appello contro la pena di morte (1848); Dumas inaugurava il suo teatro, Balzac avviava il progetto titanico della Comédie humaine e si appassionava, così come de Nerval, alle scienze occulte.

George Sand, fresca di divorzio, difendeva il femminismo e apriva le porte del suo salotto a Nohant, dove i dipinti di Delacroix si accompagnavano alle composizioni di Chopin. Alcuni dei protagonisti iniziarono a consumare marijuana nel corso di una serata “fantasia” nella parigina Île Saint-Louis, mentre faceva la sua comparsa nel circolo Charles Baudelaire, giovane dandy stravagante e aspirante poeta.

Nel 1848 la rivoluzione spazzò via, ancora una volta, la monarchia, e portò al potere i repubblicani, sostenuti dai romantici, fino alla presa del potere a seguito di un colpo di Stato da parte di Napoleone III che proclamò il Secondo Impero nel 1852. Esiliato a Guernesey, Hugo portò a termine il capolavoro I miserabili aiutato dalla sua amante di sempre, Juliette Drouet, mentre a Parigi Madame Bovary di Gustave Flaubert, I fiori del male di Baudelaire e Colazione sull’erba di Manet venivano censurati. Delacroix, quanto a lui, era deceduto.

Baudelaire, stufo della Francia e specie di se stesso, si trasferì in Belgio, da cui non tornerà che per morire, consumato dalla sifilide. Incoraggiato dal nuovo imperatore Napoleone III – “Napoléon le petit” per riprendere l’espressione sprezzante di Hugo – Hussmann sventrava Parigi e trasformava la città, Nadar faceva della fotografia una nuova arte e ispirava i primi romanzi di Jules Verne, con cui visitò l’Esposizione universale del 1867, vetrina della potenza del Secondo Impero, e Courbet dipingeva il celebre e trasgressivo L’origine del mondo (1866).

Ma la guerra contro la Prussia suonò le campane a morto del regime nel 1871: Hugo fece ritorno in Francia accolto da eroe – “mi ripagate in un’ora di vent’anni di esilio” disse commosso alla folla venuto ad acclamarlo alla stazione – e poté assistere con Sand e Dumas al trionfo di una repubblica che aveva vinto la Comune con una repressione sanguinaria, in una Parigi in rovine.

A conclusione della serie interviene a chiedersi l’ardente difensore del romanticismo, il poeta Théophile Gautier (autore di Capitan Fracassa, la sua più nota opera in prosa del 1863) “che cosa resterà di quest’epoca che volge al termine?” ricordando se stesso con la chioma al vento e tutti i suoi amici combattere con entusiasmo e coraggio per l’ideale, la poesia e la libertà dell’arte.

Consapevole della morte imminente, aveva in preparazione une sorta di testamento per raccontare ai giovani afflitti dalle condizioni in cui versava il Paese l’effervescenza della sua giovinezza e dei suoi compagni d’avventure, quando “era in atto un movimento simile a quello del Rinascimento, in cui tutto germogliava, ci si inebriava di lirismo e di arte”. Parole molto attuali, già un secolo e mezzo orsono, quando “ci sembrava di aver ritrovato il grande segreto perduto. Ci eravamo permessi di sognare”.