I bambini di Veltroni in cerca dell’effetto poetico

L’ex segretario Pd, dopo Berlinguer, sceglie i più piccoli per un nuovo documentario: “I bambini sanno”. Viaggio nell’Italia di oggi tra Dio, famiglia (allargata e arcobaleno) e crisi. Producono Sky , Palomar e il marito della veltroniana ministra Madia…

I-bambini-sannoI bambini sanno che spesso gli adulti quando tentano di raccontarli hanno gioco facile coi loro sorrisi, la loro spontaneità, la loro fantasia. I loro sguardi sul mondo colpiscono subito al cuore, inteneriscono, emoziano il pubblico. I bimbi, insomma, sono una garanzia quando si cerca l’effetto “poetico”, senza andare troppo per il sottile, complice l’estetica e l’etica televisiva dominante che ci ha abituato al saccheggio delle vite private, alla messa in scena dei sentimenti, al casting dei personaggi da talk show. Su questa scia, infatti, scorre I bambini sanno, il nuovo documentario di Walter Veltroni che, dopo il fortunato (ma anche discusso politicamente da alcuni) Quando c’era Berlinguer torna a farsi regista, guardando ambiziosamente a I bambini e noi di Luigi Comencini, memorabile inchiesta Rai, in sei capitoli, dedicata all’infanzia. L’obiettivo di Veltroni è dunque “raccontare il nostro tempo” ascoltando, ma soprattutto interrogando (con voce fuori campo) una nutrita schiera di ragazzini (39 in tutto) compresi tra gli otto e i tredici anni, selezionati con un attento casting fra oltre 300 in tutta Italia e tra diverse classi sociali.

Bambini di famiglie allargate, a volte “allargatissime” di cui si fa precisare (“spiegami bene, non capisco”), col sorriso, il numero dei fratelli “spettanti” ad ogni genitore. Quelli che soffrono ancora della separazione di mamma e papà. Quelli delle “famiglie arcobaleno” (una ragazzina napoletana con due mamme) di cui sottolinea le problematiche con insistenti domande sul “come vivono”, cosa dicono gli amici, fino ad ottenere la battuta che strappa il sorriso: “quelli che non sono della mia classe mi dicono: tu sei lesbica, ma io rispondo: lesbica è mia madre, io che c’entro”. Poi bambini figli di immigrati, filippini, colombiani, africani, rom che – sempre sollecitati dalle domande – ci dicono le difficoltà dell’integrazione. E ancora, bambini che hanno affrontato e “vinto” la leucemia e soffrono dell’assenza degli amici, “genietti della matematica” bollati dagli altri come autistici, e altri affetti dalla sindrome di Down che strappano sorrisi con le loro considerazioni da adulti, mostrandosi più vitali e spiritosi di tutti. Almeno di quelli “normali” presenti anche loro in numero consistente.

Ritratti nelle loro camerette i bambini di Veltroni sono interrogati su crisi, omosessualità, amore, Dio e famiglia. Manca giusto la “patria”, ma ci viene suggerita dalla storia di un ragazzino il cui “papà è un militare che serve il nostro Paese lontano, nelle missioni di pace” e che vediamo riabbracciare piangente di commozione quando il genitore ritorna dal “fronte”.

Qui è là, poi, i temi più esplicitamente “veltroniani”: dalle figurine (in questo caso quelle dei trattori collezionate da un ragazzino appasionato di agricoltura) alla cinefilia, espressa con un montaggio alla Nuovo cinema Paradiso, in cui vediamo correre i  bimbi più celebri della storia del cinema, quelli di Comencini, Truffaut, De Sica, Tornatore. Il documentario, nelle sale per Bim dal prossimo 23 aprile, è prodotto da Sky, che lo manderà in onda a settembre, Palomar di Carlo Degli Esposti – gli stessi del precedente su Berlinguer – con l’aggiunta stavolta di Wildside di – tra gli altri – Mario Gianani, coniuge della veltroniana ministra Marianna Madia. Tout se tient, dicono i francesi.


Gabriella Gallozzi

Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.


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