Il comunista che voleva baciare una suora. “Quando” Veltroni ci si mette d’impegno

Presentato al Bif&st di Bari “Quando” di Walter Veltroni, nei cinema dal 30 marzo (per Vision Distribution). Adattando il se stesso romanziere, che la storia l’aveva già pubblicata per Rizzoli, e rispolverando il se stesso regista per far luce sul se stesso politico, il regista riprende il tema di successo de “il comunista in coma” (da Antonello Fassari di “Avanzi” all’indimenticabile “Goodbye, Lenin!”) per una nuova rivisitazione veltroniana doc …

Capelli lunghi fino alle spalle e occhialoni, la faccia confusa. Antonello Fassari si presentava così ad Avanzi, interpretando un militante comunista caduto in coma nel lontano ‘73 e risvegliatosi allora, vent’anni dopo, in un 1993 che da noi invece ne dista ben trenta.

Cos’è rimasto del sogno comunista, chiedeva. Gli veniva risposto che non c’era più un bel nulla, che stava sorgendo Berlusconi («chi è, un compagno che ha sbagliato?») e che di quel mondo, inscalfibili, rimanevano solo i Pooh.

Un tema di successo, il comunista in coma. La variazione più indimenticabile rimarrà sempre Goodbye, Lenin!, ma adesso ci ha provato anche Walter Veltroni. Adattando il se stesso romanziere, che la storia l’aveva già pubblicata per Rizzoli, e rispolverando il se stesso regista per far luce sul se stesso politico.

Il risultato è Quando, allo spettatore la scelta se leggerlo come incipit di una domanda, di una risposta o di una reminiscenza. Per un istante, vedendo spuntare una suora, nella memoria si riacciuffano le suorine de Il sorpasso che canticchiano proprio quando, quando, quando.

Era davvero un film su un’epoca, quello. Con il roboante Gassman che cercava di spiegare la vita all’esitante Trintignant, mentre il boom gli scorreva attorno. Forse Veltroni voleva fare la stessa cosa, vai a sapere. Il risultato cade così lontano che è impossibile dirlo.

La botta in testa che l’ha mandato in coma, Giovanni (Neri Marcorè) l’ha presa al funerale di Berlinguer. Si risveglia trentun anni dopo, tra le cure di una suora biancoceleste (Valeria Solarino) che per ignote ragioni prende a cuore la sua causa.

Siamo quindi nel 2015, chi l’avrebbe detto. Sì, perché il film evita accuratamente rimandi troppo precisi al presente (scarsa voglia di autocritica?). Trova sufficiente ricordarci che ora a Botteghe Oscure c’è un supermercato e che il Pci, per chi non se ne fosse accorto, non esiste più.

Neppure sul passato si dilunga molto. Giusto il tempo per liquidarlo in un discutibile senno di poi. Le monetine a Craxi diventano un errore, il Partito una comunità in cui “era sbagliata l’ideologia ma non le persone”.

Tutto il resto è la spasmodica ricerca della fidanzata di allora, condita con un abbozzo di storia d’amore platonico con la suora. Scelte per cui le perplessità sprofondano nello sconforto più nero.

Veltroni si lancia addirittura in strizzatine d’occhio a Ecce bombo. Marcorè in un bar ricorda tanto Michele Apicella, ma sembra non ci sia più nessuno con cui litigare, né Rossi né Neri. Mentre nel finale, all’orale della maturità, aspettiamo con ansia che ci presenti il suo amico poeta.

Invece niente, la poesia ce la recita lui. E il succo è: “volemose bene”. Il mondo è pieno di cose terribili ma in qualche modo le miglioreremo e ci miglioreremo pure noi. Perché a quanto pare il comunismo è un trucco di magia che non riesce e aver voluto bene al Partito significa solo non averlo svelato al pubblico.

A Fassari potremmo rispondere oggi che sono ancora e sempre i Pooh ad aver vinto. Che Piccola Katy è sopravvissuta a Bandiera Rossa. Ma se volessimo davvero essere crudeli dovremmo svelargli la verità. Cioè che l’unica cosa che davvero è ancora presente di quel partito è la più insospettabile di tutte: Walter Veltroni, il comunista che voleva baciare una suora.