Jorge Bonino, l’uomo in mille pezzi regalati ai ricordi. Quando il cinema è davvero doc
Passato al TorinoFilmFest, “Un cuerpo estalló en mil pedazos” folgorante lungometraggio d’esordio dell’argentino, Martín Sappia dedicato all’ artista Jorge Bonino. Un uomo di teatro ma anche inventore di una lingua inesistente, con la quale ha calcato palcoscenici di mezzo mondo. Ed ha tenuto conferenze di architettura dicendo cose senza senso, ricevendo applausi a scena aperta. Un personaggio che non ha una “storia ufficiale”, quasi un’ombra di cui il regista, in modo struggente, cerca di rimettere insieme il suo corpo esploso in mille pezzi sparsi per territori e persone care …
Ci sono persone difficili da descrivere, addirittura inspiegabili e Jorge Bonino è una di queste. Jorge Bonino è un artista di cui in Argentina tutti hanno prima o poi sentito parlare, ma nessuno sa bene chi fosse o cosa avesse fatto.
Ingredienti che contribuiscono a creare un’aria di mistero e di mito. L’assenza di materiali di archivio e la memoria demandata unicamente a racconti, a qualche foto o a pochi e brevi filmati ci dicono di un personaggio che non ha una “storia ufficiale”, quasi un’ombra.
Di lui sappiamo poco o niente, per esempio che è stato capace di inventare una lingua inesistente, e con quella calcare palcoscenici (ufficiali o improvvisati) di mezzo mondo, come di essere applaudito a scena aperta ad una conferenza di architettura dicendo cose senza senso.
È stato un uomo di teatro? Si! Non ci sono registrazioni delle sue solitarie performance, delle sue opere, delle sue avventure. I suoi spettacoli erano soprattutto monologhi improvvisati che non seguivano alcun copione né soggetto. Praticamente nessuna traccia. Jorge Bonino, un fantasma.
Però ci sono i ricordi, tanti e struggenti, in questo bellissimo, Un cuerpo estalló en mil pedazos (Un corpo esplose in mille pezzi). Primo lungometraggio del regista argentino Martín Sappia, da poco passato al Tff 2020, nel quale si raccolgono, frammento per frammento, i mille pezzi di una vita dolorosa e straziante.
Sono le tracce possibili della vita misteriosa di un uomo sempre in bilico tra realtà e delirio psicotico; uno che ha avuto amore per il mondo, anche quando proprio quel mondo lo rifiutava e lo conduceva verso il dolore e la disperazione. Quanto minuscoli siano i frammenti di memoria circa la vita di Jorge Bonino è sottolineato da una voce narrante che apre ogni paragrafo con un “Dicono che…” di straordinaria forza per sottolineare l’incertezza tra realtà e mito.
Le immagini in bianco e nero mostrano spazi dove Jorge ha lasciato brandelli della sua esistenza. Angoli di giardini parigini, interni domestici, rendono così la sua presenza quasi unicamente immaginabile. Un nomade tra l’Argentina, Madrid e Parigi. Un corpo esploso in mille pezzi sparsi per territori e persone care che si riferiscono a lui come qualcuno capace di trasformare la vita in un gioco straordinario, ma che non nascondono la disperazione e i risvolti psicotici di quell’amico che più volte si è buttato nella Senna con intenti suicidi.
Ma, altre volte, nel delirante tentativo di pacificare la Rive Droite con la Rive Gauche che sapeva per certo fossero in guerra. Rinchiuso spesso in cliniche psichiatriche, in una di queste ha messo fine alla sua vita. “Je me souviens du one-man-show de Bonino” è il ricordo n. 186 contenuto nel libro, Mi ricordo di Georges Perec.
Gino Delledonne
Gino Delledonne
Architetto e docente universitario a contratto. Ha collaborato alle pagine culturali di vari giornali tra i quali "Diario" e "Archivio". Devoto del gruppo garage punk degli Oblivians.
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