“Julieta”, i piccoli accadimenti del vivere
Pedro Almodovar porta in concorso a Cannes e dal 26 maggio in sala il suo magnifico film ispirato alle pagine del “genio Nobel” Alice Munro. Una madre e una figlia separate da anni, i sensi di colpa, i lutti, i rancori. Una svolta nella poetica dell’autore manchego che smorza il suo fulgore barocco mettendosi al servizio del “Munro’s touch”…
Magari mi ero distratta, non stavo attenta, ero andata a fare pipì, ma non mi sovviene che avendo sottomano Pedro Almodovar in trasmissione per un tempo smisurato Fabio Fazio abbia fatto il nome di Alice Munro.
Ha ripetuto fino alla nausea che Julieta è sorprendentemente drammatico, asciutto, austero, una svolta per il regista manchego. Eppure un Grande (e)lettore come Fazio dovrebbe sapere che l’enigma del “nuovo corso” almodovariano ha una soluzione facile facile: Pedro ha letto, amato e digerito fino in fondo il genio Nobel della letteratura canadese, Alice Munro.
Vale la pena di leggersi i tre racconti da cui il film è tratto, Fatalità, Tra poco e Silenzio (nella raccolta In fuga, Einaudi) per apprezzare fino in fondo Julieta. Vale la pena per fare un regalo a se stessi e per capire fino a che punto la scrittura di Munro sia “non filmabile”. Ha osato affrontarla finora solo Sarah Polley con Away from her (2006), struggente viaggio di coppia dentro l’Alzheimer. Almodovar fa ancora di meglio.
Alice Munro è maestra di reticenza emotiva, la “polpa” delle sue storie va scavata dietro frammenti di vita ordinari, banali. Grace Paley, altra grande scrittrice da visitare per chi già non la conoscesse, li chiamerebbe “piccoli accadimenti del vivere”.
In questo Pedro che smorza il suo fulgore barocco e si mette al servizio, con devozione e rispetto, di un iperminimalista “Munro’s touch” c’è una commovente dichiarazione d’amore per un’autrice e la sua scrittura.
Le storie di Alice Munro non hanno mai un vero inizio e non hanno mai una vera fine. Sono come sospese in un “passaggio” di eventi casuali che segnano per sempre gli esseri umani. È solo da quel “passaggio” che puoi decifrarli. Almodovar chiude Julieta con un finale sospeso. La madre e la figlia separate da anni, sensi di colpa, lutti, rancori e dolori stanno per incontrarsi. Si capiranno? Forse, ma dopo i titoli di coda. In un luogo dell’anima che Munro non mostra e non racconta mai. Senor Pedro, chapeau!
Teresa Marchesi
Giornalista, critica cinematografica e regista. Ha seguito per 27 anni come Inviato Speciale i grandi eventi di cinema e musica per il Tg3 Rai. Come regista ha diretto due documentari, "Effedià- Sulla mia cattiva strada", su Fabrizio De André, premiato con un Nastro d'Argento speciale e "Pivano Blues", su Fernanda Pivano, presentato in selezione ufficiale alla Mostra di Venezia e premiato come miglior film dalla Giuria del Biografilm Festival.
4 Dicembre 2015
Moby Dick: alle origini del romanzo, in un film
Il premio Oscar Ron Howard porta al cinema l'inizio della storia che ispirò il…
1 Dicembre 2016
I ribelli del Mississippi contro la schiavitù
In sala dal primo dicembre "Free State of Jones" il film di Gary Ross ispirato…
9 Dicembre 2018
Alla scoperta del cinema di Giorgio Arlorio. Film, libro e dibattito alla Casa del cinema
Lunedì 10 dicembre alla Casa del cinema di Roma (ore 16.20) un pomeriggio…