La battaglia di Malala adesso è un doc

Lo firma il premio Oscar David Guggenheim che si è ispirato al romanzo della giovanissima studentessa pakistana, vittima della violenza talebana e Premio Nobel per la Pace 2014. Esce in sala il 5 novembre, dopo un’anteprima alla Camera dei deputati…

malala2Il volto è quello di una ragazzina, piena di vita e di entusiasmo. Soltanto sforzandosi si percepisce quella rigidità al lato della bocca e dell’occhio: è il segno indelebile che le hanno lasciato i tre proiettili sparati da mano talebana, il 9 ottobre 2012, mentre tornava da scuola insieme alle sue compagne. Colpevole, per gli integralisti, di aver gridato fin da piccola il suo desiderio di leggere e studiare.

Ed è proprio l’autobus insanguinato dove la studentessa pakistana allora 15enne, ha subito l’attentato, una delle immagini più drammatiche di Malala, il documentario del premio Oscar David Guggenheim in uscita nelle nostre sale il 5 novembre per 20th Century Fox, e nel 2016 in onda su National Geographic (Sky).

Presentato il 4 novembre alla Camera dei deputati, il documentario è ispirato all’autobiografia che la giovane pakistana ha scritto insieme alla giornalista Christina Lamb,  Io sono Malala (Garzanti) diventata subito un best-seller. Malala Yousafzai, la più giovane premio Nobel per la pace della storia, oggi diciottenne, è diventata infatti per il mondo intero il simbolo del diritto all’istruzione delle ragazze. E questo ci racconta il film.

41shf5JUZQL._SX321_BO1,204,203,200_Accompagnandoci nel suo profilo di comune ragazzina, coraggiosa e compassionevole insieme, in costante pericolo ma amante del divertimento, che semplicemente continua a lottare per il diritto universale di vivere e studiare. Realizzato in 18 mesi molto intensi, che Guggenheim ha trascorso con tutta la famiglia Yousafzai in Inghilterra e sulle strade di Nigeria, Kenya, Abu Dhabi e Giordania, il film ci conduce nel quotidiano della ragazza e dei suoi familiari: suo padre Ziauddin, sua madre Toor Pekai e i fratelli Khushal ed Atal, coi quali spesso battibecca. Malala è ritratta anche davanti al computer  a fare ricerche di attori e sportivi che le piacciono, come Federer e Brad Pitt, o mentre racconta delle difficoltà ad ambientarsi nella nuova scuola in Gran Bretagna, dove vive con tutta la famiglia dopo l’attentato.

Ma è anche il racconto della cultura e dell’infanzia incantata di Malala, la storia di una famiglia che ha detto no alla tirannia e delle conseguenze di un evento sconvolgente che ha trasformato una scolara coraggiosa in una paladina dell’Istruzione conosciuta in tutto il mondo. Il film si articola in una fusione di interviste spontanee, di riprese del Pakistan più vero, di animazioni disegnate a mano che riportano momenti del passato e della nuova vita.

Malala conduce gli spettatori dal momento in cui l’attivista ed insegnante pakistano Ziauddin Yousafzai ha dato il nome di Malala a sua figlia, in onore della leggendaria eroina del folklore Pashtun Malalai di Maiwand, alla coraggiosa decisione di Malala – all’età di 11 anni – di scrivere un blog per la Bbc sotto pseudonimo, sulla sua vita di ragazzina in una città tiranneggiata dai Talebani, fino allo scioccante attentato e alla successiva lotta per la sopravvivenza.

Il film si focalizza in particolare sul presente, sulla crescita di Malala mentre prende coscienza del suo potere come agente di un cambiamento globale ed epocale. La giovane è più concentrata che mai sulle più importanti battaglie del nostro tempo, contrastare la violenza, formare nuovi leader e opinionisti nelle comunità e soprattutto dare forza alle ragazze attraverso l’istruzione.

“Io ho il diritto di cantare, ho il diritto di andare al mercato, il diritto di parlare. Avrò la mia istruzione, che sia a casa, a scuola, o da qualche parte. Non mi fermeranno”. Eppure Malala Yousafzai è anche una comune adolescente alle prese con le sue idee sui ragazzi, i compiti a casa, i fratelli, i genitori ed il futuro. Il tutto vivendo sempre sotto i forti riflettori dei media.