“La canzone del mare”: un’altra animazione è possibile

In sala dal 23 giugno per Bolero Film, il bellissimo cartoon dell’irlandese Tomm Moore, già candidato all’Oscar. Una fiaba sognante e godibilissima, basata sul folklore celtico, che pesca anche nell’arte contemporanea, da Klee a Kandisky. Da non perdere…

23_SOS_40_Saoirse enters the water

Se non ne potete più di uccelletti pelosetti, di scoiattoli ossessionati dalle ghiande, di volpi e conigliette poliziotti, non perdetevi La Canzone del mare, un cartoon che è la prova più evidente che un’altra animazione è possibile.

Arriva dall’Irlanda questo bellissimo film di Tomm Moore, già candidato all’Oscar come miglior lungometraggio animato. Esce nelle sale italiane per merito di Bolero Film che lo distribuisce ed è il frutto di una coproduzione internazionale (oltre all’irlandese Cartoon Saloon, Lussemburgo, Belgio, Francia e Danimarca).

Ma dentro c’è anche un po’ d’Italia: sono infatti italiani 3 dei 20 disegnatori che hanno lavorato nel film, tre talenti formatisi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino (Giovanna Ferrari, Alessandra Sorrentino e Alfredo Cassano).
Basata sul folklore e sulle leggende irlandesi la storia narra di Ben e della sua sorellina Saorsie che vivono in un faro, assieme al loro padre Conor e a un cagnone di nome Cu. Ben, segnato dalla morte della madre alla nascita della sorellina, è un po’ insofferente degli strani compartamenti di Saorsie che vive in una sorta di autismo e non parla. Una notte la bambina scopre nella stanza che fu della mamma una conchiglia e un bianco mantello di pelliccia. Lo indossa e, soffiando nella conchiglia, intona un’antica melodia. Come in trance scende sulla spiaggia e s’immerge nel mare dove viene accolta e scortata da un gruppo di foche.

Saorsie, infatti, è una Selkie (mitologiche creature irlandesi che vivono come foche in acqua e con sembianze umane sulla terra). Il suo destino è quello di liberare con il canto le creature imprigionate dalla strega Macha che pietrifica gli esseri umani rubando loro i sentimenti. Persino l’isola su cui vivono Ben e la sua famiglia è uno sperone di roccia il cui profilo è quello del dio del mare Mac Lir, al quale la madre Macha ha sottratto il dolore per la morte della moglie. Trasferiti a forza in città, per volere della nonna, separati dal padre e dal fedele Cu, Ben e Saorsie ben presto scappano per tornare a casa e ritrovare il mantello magico che permetterà a Saorsie di compiere la sua missione.

Da qui la storia (sceneggiata da William Collins) si sviluppa secondo lo schema della classica quest, ovvero della ricerca dell’oggetto magico che promette salvezza e che sarà ottenuto al prezzo di avventure e combattimenti. E nel film questo si traduce nell’incontro con creature della tradizione irlandese, dai Daoine Sidhe (una sorta di gnomi e folletti) ai Seanachai (i narratori che trasmettono storie e leggende di generazione in generazione); in fughe per terra e per mare fino all’incontro-scontro finale con la strega-civetta Macha, circondata dai gufi che pietrificano le creature.

Non pensate però all’ennesimo e scombinato fantasy, perché Moore con il suo talento (e l’aveva già dimostrato nel suo precedente lungometraggio The Secret of Kells) confeziona una fiaba sognante e godibilissima per bambini e ragazzi. Fiaba, però, adatta anche a un pubblico adulto, piena com’è di metafore e sottotesti. Al centro i temi della perdita e del dolore, un sentimento che non si può cancellare o pietrificare ma che si può usare per superarlo. Metafora, anche, dei rapporti familiari, e non a caso le sembianze del padre Conor e del gigante Mac Lir sono simili; così come quelle della strega Macha e della Nonna: umani e creaure del mito accomunati da analoghi dolori e sentimenti che vorrebbero, in qualche misura, cancellare e rimuovere.

Ma La Canzone del Mare vince soprattutto sul piano dello stile e della rappresentazione grafica con un disegno e un’animazione in 2D di estrema bellezza, felice sintesi di eleganti sinuosità e di elementari segni geometrici che pescano, oltre che nelle simbologie celtiche e irlandesi in maestri dell’arte contemporanea come Klee e Kandisky (la direzione artistica e la scenografia sono di Adrien Merigeau); a cui si aggiunge la suggestiva musica e colonna sonora di Bruno Coulais in collaborazione con il gruppo folk irlandese Kíla.

Moore ha dichiarato esplicitamente le influenze di un altro grande maestro del cinema d’animazione come Hayao Miyazaki con Il mio vicino Totoro. E, aggiungiamo noi, con Ponyo sulla scogliera, la cui protagonista è una bambina-pesce, anche lei come Saorsie, contesa tra il richiamo mitologico degli abissi e la natura umana dei sentimenti.