La musica e l’amore secondo Malick. Stavolta al quadrato

In sala dal 10 maggio (per Lucky Red) “Song to Song”, l’ultimo Malick. Un film sulla musica, nel cuore di Austin capitale dei live. Qui si snoda la parabola di due coppie che si attraggono e respingono, spaccati tra amore e libertà: il cineasta ribadisce il suo discorso visivo, per l’ennesima volta, prima di tornare a girare con una sceneggiatura… Cast stellare e cammei rock con Iggy Pop e Red Hot Chili Peppers, Florence and the Machine e Johnny Rotten, ma soprattutto Patti Smith…

«Quando hai una sceneggiatura sembra sempre che tu stia cercando di inserire un paletto quadrato in un buco rotondo. Senza script non ci sono buchi rotondi, ma solo spazio. Ma ora abbandonerò quello stile». Terrence Malick così ha annunciato il ritorno alla «sceneggiatura narrativa» nel suo prossimo film, Radegund del 2018.

Song to Song è la chiusura di una quadrilogia: nelle sale italiane dal 10 maggio, distribuito da Lucky Red, è il film che completa la fase iniziata con The Tree of Life e proseguita con To the wonder e Knight of Cups. In mezzo la parentesi di Voyage of time, lo splendido “parziale documentario” presentato al Festival di Venezia e prodotto da National Geographic, in cui Malick si misura proprio con quell’estetica ed è dentro di essa che consapevolmente agisce.

Song to Song, girato insieme a Knight of Cups a fine 2011, riporta lo sguardo dell’autore elevato al cubo e per questo è “un film di Malick Malick” (dal pressbook): BV (Ryan Gosling) è un musicista che cerca il successo con l’aiuto della compagna cantautrice Faye (Rooney Mara) e del suo produttore Cook (Michael Fassbender). Tra i tre si stabilisce un legame che va oltre il semplice rapporto professionale e che coinvolge presto anche la giovane cameriera Rhonda (Natalie Portman).

Nasce così una relazione intima e passionale, continuamente in bilico tra amore e tradimento. Questa, in breve, la sinossi: il cineasta continua il discorso intavolato nei lavori precedenti, girando senza copione, al solito costruendo l’immagine sul filmare dei corpi e dei luoghi intorno («C’è solo spazio», appunto), attraverso la consueta – ma non meno sontuosa – fotografia di Emmanuel Lubezki. È il film di Malick sulla musica: in quel mondo è ambientato, nel cuore di Austin capitale dei live, con la comparsa di Iggy Pop e Red Hot Chili Peppers, Florence and the Machine e Johnny Rotten, molti altri. Soprattutto Patti Smith.

Nella parabola dei quattro personaggi, che continuamente si attraggono e respingono, amano e tradiscono, nel loro movimento perenne e non riconciliato, è proprio l’intervento della cantante che suona essenziale e indica una possibile chiave. Patti Smith racconta a Faye/Rooney Mara del suo amato defunto, spiegando chiaramente che l’amore coincide con la libertà.

E allora BV e Faye, Cook e Rhonda vengono improvvisamente messi in dubbio: le loro figure, che fuggono dalla coppia stabile per paura di perdere la libertà, forse sono nell’errore. Il loro movimento ondulatorio, il vivere di canzone in canzone, forse è solo un’illusione auto-ingannatoria che nasconde la verità, quello che cercano era già davanti agli occhi. L’amore è libertà. Malick, in fondo, lo suggerisce proprio filmando i corpi, accarezzandoli e “perlustrandoli” da nuove angolazioni, provando così a imprimere cenni di amore. È qui l’essenziale e non nell’equivoco indotto dell’essere liberi.

Il cinema di Malick si ripete, legittimamente, ribadisce la sua visione: sullo schermo – al solito –  c’è l’immagine che spacca il canone del cinema americano, come l’ultima, struggente scena, che in decostruzione temporale mostra l’inizio della storia d’amore tra BV e Faye quando essa è ormai esaurita. La possibilità della coppia, nel montaggio malickiano, viene esposta dopo il suo dissolvimento. Ma c’è anche un discorso reiterato, puntualizzato fino a sfinirlo, oggi di fatto concluso, come lascia intuire lo stesso cineasta che si prepara a un nuovo cambiamento.