La Palma d’oro è donna (per la terza volta). Ma il palmarès è senza coraggio
Justine Triet, con Anatomie d’une chute è la terza donna nella storia di Cannes a vincere la Palma d’oro, dopo Jane Campion nel 1993 e un’altra francese, Julia Ducournau, nel 2021, tra i giurati di questa edizione. Sarà anche un nuovo gradino nella scala verso la parità, ma non è detto che dobbiamo brindare per forza.
La giuria di Ruben Ostlund ha cucito un Palmarès pochissimo spericolato (per dirla con Vasco Rossi), ha buttato fuori senza complimenti Moretti, Bellocchio e Rohrwacher e ha messo al secondo posto, col Grand Prix du Jury, The Zone of Interest di Jonathan Glazer, ferocissima stilizzazione sui dirimpettai borghesi di Auschwitz, che è molto più bello e più nuovo del film vincitore.
Per fortuna sono riusciti a segnalare – di striscio – film che il pubblico vedrà con enorme piacere, come Les feuilles morte di Aki Kaurismaki (Prix du Jury), Perfect Days di Wim Wenders (Koji Yakusho miglior attore) e About dry grass del glorioso decano del cinema turco Nuri Bilge Ceylan (Merve Dizdar miglior attrice).
Ma il premio per la regia al soporifero La passion de Dodin Bouffant del vietnamita naturalizzato francese Tran Anh Hung, il più inutile film di cucina in costume visto da tempo, che mette a dura prova la pazienza di ogni spettatore sensato, grida decisamente vendetta. E il premio per la sceneggiatura “alla Rashomon” di Yuji Sakamoto per Monster sembra dettato da un curioso strabismo: Hirokazu Kore-eda andava semmai premiato per la regia.
C’era un altro, coraggioso e politicamente scorretto film di regista donna da valorizzare, Club Zero di Jessica Hausner. Ma glissiamo sui gusti personali, anche perché in tanti premieremmo puntualmente la resistenza cocciuta e la generosa militanza di Ken Loach, 87 anni da “vecchia quercia” come il titolo del suo film, The Old Oak. Anatomie d’une chute è un film scritto benissimo su un rovente rapporto di coppia, così aspro che quando lui verrà ritrovato cadavere lei (Sandra Huller, straordinaria protagonista anche di The Zone of Interest) verrà processata per omicidio.
Ma è troppo forte la sensazione che una Palma al femminile sia per una Giuria un fiore all’occhiello, una fulgida prova di progressismo, come lo fu l’assurda Palma a Julia Ducournau per Titane. Jane Fonda, introducendo il premio finale, ha ricordato i tempi in cui le donne registe non esistevano, e nessuno aveva da ridire. “Sette registe donne quest’anno qui – ha detto – è storico, ma un giorno sarà normale”. E Trier, con la sua brava Palma in mano, si è schierata con la grande protesta nazionale contro la riforma delle pensioni. Viva le donne, naturalmente. Ma a prescindere dal valore oggettivo dei film?
Teresa Marchesi
Giornalista, critica cinematografica e regista. Ha seguito per 27 anni come Inviato Speciale i grandi eventi di cinema e musica per il Tg3 Rai. Come regista ha diretto due documentari, "Effedià- Sulla mia cattiva strada", su Fabrizio De André, premiato con un Nastro d'Argento speciale e "Pivano Blues", su Fernanda Pivano, presentato in selezione ufficiale alla Mostra di Venezia e premiato come miglior film dalla Giuria del Biografilm Festival.
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