La torta di Maria. Dalla Macedonia il film sorpresa che cura

In sala dal 21 febbraio (per Lab 80), “L’ingrediente segreto” del regista macedone Gjorce Stavreski. Un’opera prima sorprendente, una commedia amara che mescola sapientemente dramma e commedia. Un padre malato di cancro e un figlio che non ha i soldi per le medicine. E una torta di marijuana che diventa la cura per il tumore e per il rapporto tra i due. Sullo sfondo la miseria di un paese sull’orlo di una crisi di nervi, messo in ginocchio dalle politiche neoliberiste che ben conosciamo. Da non perdere …

C’è una certa aria di famiglia tra gli stralunati e marginali personaggi di Aki Kaurismaki e questi altrettanto stralunati e ancor più marginali di Gjorce Stavreski, regista quarantenne macedone al suo esordio nella finzione, dopo tanto cinema documentario e spot pubblicitari.

Parliamo, infatti, de L’ingrediente segreto, fillm vincitore dell’ultimo Bergamo Film Meeting che Lab 80 porterà in sala dal prossimo 21 febbraio, dimostrandosi ancora una volta una distribuzione da seguire “a scatola chiusa” per le sue scelte di qualità, spesso legate alla scoperta di nuovi talenti.

Rientra in quel cinema d’autore, politico e intelligente a cui ci hanno abituato titoli come Cure a domicilio del ceco Slavek Horak o Moloch film di Stefano P. Testa – per esempio -, anche questo piccolo gioiello di dramma ed ironia che viene dalla Macedonia, una delle repubbliche dell’ex Jugoslavia tra le più povere di sempre. E figurarsi ora dopo la “cura” neoliberista in dosi massicce inflitta agli interi Balcani all’indomani del drammatico conflitto fratricida.

Di cura del resto, o meglio di guarigione, racconta L’ingrediente segreto. Siamo a Skopje, la capitale dove Vele, giovane operaio, vive insieme al padre malato di cancro di cui si occupa dopo una tragedia familiare che ha portato via madre e fratello. Le medicine per curare il tumore costano ogni giorno di più e Vele non riceve lo stipendio da mesi.

Ma ecco che la sorte gli mette sotto il naso un carico di stupefacenti, un bel po’ d’erba e varie manciate di ecstasy. Sono il mallappo di una coppia di malavitosi un po’ scemi ma spietati che l’hanno nascosto proprio nell’officina di Vele. D’istinto il ragazzo prova a improvvisarsi spacciatore per fare il denaro necessario per acquistare i farmaci, ma la violenta concorrenza e i prezzi in continua crescita dei medicinali lo fanno desistere.

Di fronte alle sofferenze del padre decide allora di alleviargli almeno il dolore. In che modo? Con ottime torte d’erba che gli prepara la notte di nascosto. E dai e dai, una torta al giorno finisce per togliere il medico di torno. Il vecchio padre non solo si riprende alla grande, ma addiruttura guarisce, ignaro però che l’ingrediente segreto sia marijuana.

Fatto sta che il vecchio sparge la voce e di lì a breve Vele sarà rincorso non solo dai due malavitosi in cerca del bottino, ma soprattutto da frotte di pensionati, parenti, amici e vicini, ognuno con una malattia o un problema da risolvere, dal figlio gay alla moglie alcolizzata, certi che la torta possa fare miracoli.

È un universo brulicante di miseria e poca nobiltà quello raccontato da Gjorce Stavreski. Un paese sull’orlo di una crisi di nervi, popolato da guaritori cialtroni, ospedali strapieni e in rovina, poliziotti corrotti, lavoratori senza stipendio e casermoni popolari dell’era socialista ormai ridotti a ghetti, dominati dallo spaccio. Dove il profitto è l’unico credo, non solo della nuova classe politica. E dove, forse, l’unica cosa immutata è il maschilismo, vivissimo oggi come ieri.

Eppure, la cura, sembra indicarci il regista, è l’ironia. Quella con cui si muovono i suoi personaggi stralunati, l’amico di Vele che nonostante il pestaggio è felice per il “bacio” della bella segretaria, gli operai che si burlano delle minacce dei poliziotti in cerca della refurtiva (“Se prendete la droga potreste accoppiarvi con le bestie”, li spaventano le guardie,”Finalmente – risponde uno dei lavoratori – potrei scopare con mia moglie che mi dice sempre che sono una bestia”) e soprattutto quella con cui lo stesso regista guarda a quel mondo e a quel rapporto padre-figlio che dopo tanta sofferenza riuscirà a guarire.

Del resto è lo stesso Stavreski a sottolinearlo: “come due navi in rotta di collisione – dice -, l’umorismo e il dolore si sfidano a duello. L’umorismo è più come un sottomarino, che riemerge quando meno te lo aspetti e attacca ferocemente il dolore ipocrita, che con orgoglio solca le acque agitate dell’ingiustizia del vivere”. E in questo senso L’ingrediente segreto può essere davvero una cura.