Le scarpette rosse di Dorothy di nuovo al cinema. Torna “Il mago di Oz” anche in cartoon


Nonostante gli oltre 120 anni non sembra invecchiato. Anzi si è trasformato a pieno titolo in uno dei grandi classici per l’infanzia. “Il mago di Oz”, dalle pagine di L. Frank Baum torna di nuovo al cinema per la regia dell’americana Nicole Kassell. Ma non solo, è in arrivo anche un musical in cartoon con protagonista il cagnolino di Dorothy (Toto: The Dog-Gone Amazing Story of the Wizard of Oz). Tutti gli adattamenti dal 1908 ad oggi, a riprova di un successo lungo oltre un secolo …

Con tre passi nelle sue scarpette rosse, Dorothy – la giovane protagonista de Il meraviglioso mago di Oz (Gribaudo, 2017) – sta per tornare ancora una volta sul grande schermo. A girare un nuovo film tratto dal classico per l’infanzia di L. Frank Baum (1900), sarà Nicole Kassell – già regista di The Woodsman (2004) e di alcuni episodi della miniserie Watchmen (2019) – per la casa di produzione New Line. Ma i revival non si fermano qui: anche al cagnolino Toto, che accompagna la ragazzina in tutte le sue avventure, sarà infatti dedicato un adattamento musicale a cartoni animati, Toto: The Dog-Gone Amazing Story of the Wizard of Oz, prodotto dallo studio Animal Logic.

“Una favola dei tempi moderni, che mantiene intatte la meraviglia e la gioia e lascia fuori l’angoscia e gli incubi”: così Baum ha sempre definito il suo romanzo, primo di una saga di quattordici libri (I libri di Oz, Einaudi, 2017). Un semplice trionfo della fantasia, dunque, senza nessun intento moraleggiante o educativo.

Eppure, la Città di Smeraldo e i bizzarri personaggi che la ragazzina incontra nel suo viaggio hanno suggerito negli anni le letture più varie: a partire da quella psicanalitica, che interpreta l’intera trama come un percorso tutto interiore della protagonista, fino a quella che identifica parallelismi con la realtà politico-sociale contemporanea allo scrittore americano. Il cinema, in questo senso, ha sempre attinto alle pagine di Baum, scoprendone la ricchissima riserva di significato. “L’opportunità di esaminare i temi originali, la ricerca del coraggio, l’amore, la saggezza e i luoghi di origine – si dice convinta la stessa Kassell – è oggi più urgente e importante che mai”.

È infatti grazie al classico hollywoodiano, Il mago di Oz diretto da Victor Fleming nel 1939, che questa favola moderna si è impressa nell’immaginario collettivo. In questa celebre pellicola, le note del brano Over The Rainbow fanno da sfondo al sogno di evasione di Dorothy – interpretata da una giovanissima Judy Garland –: un tornado la strappa allora al bianco e nero delle scene girate in Kansas, per catapultarla in un mondo incantato fatto di colori sgargianti.

I rapporti tra Baum e la settima arte si avviano però già a partire dal 1908, quando The Fairylogue and Radio-Plays, film muto diretto da Francis Boggs e Otis Turner, porta sul grande schermo il regno di Oz per la prima volta, facendo interagire interpreti in carne ed ossa su diapositive colorate a mano. Soltanto due anni dopo arriverà il cortometraggio Il mago di Oz (1910), diretto ancora una volta da Turner e prodotto dallo stesso scrittore americano.

Un altro regista che negli stessi anni sembra irresistibilmente attratto dalla fantastica saga è Joseph Farrell MacDonald, che nel 1914 ne trae addirittura tre pellicole (The Patchwork Girl of Oz, The Magic Cloak of Oz e His Majesty, the Scarecrow of Oz): in questo caso, sono la danza e le acrobazie – più che le finestre di dialogo – a restituire l’immaginifica scrittura di Baum.

Due grandi nomi della comicità muta hanno infine prestato il loro volto all’Uomo di Latta e allo Spaventapasseri in una versione de Il mago di Oz del ’25: si tratta di Larry Semon (che del film è anche regista) – noto in Italia come Ridolini – e Oliver Hardy, ovvero quell’Ollio che ai nostri occhi appare quasi inconcepibile senza Stanlio.

Le incredibili avventure di Dorothy hanno trovato un terreno altrettanto fertile nell’animazione: in Ritorno a Oz (1972) di Hal Sutherland è Liza Minelli a donare la voce alla protagonista, mentre nel più recente Il magico mondo di Oz – diretto Will Finn e Dan St. Pierre nel 2013–, la ragazzina si trova ad affrontare un perfido giullare, nel tentativo di riportare la serenità nella Città di Smeraldo. Dello stesso anno è anche Il grande e potente Oz (2013) di Sam Raimi, sorta di prequel alla saga prodotto dalla Walt Disney Pictures, in cui si narrano le vicende del mago truffaldino e seduttore, interpretato da James Franco.

Se i colori brillanti di questo mondo favoloso sembrano essere una via di fuga all’orrore dell’elettroshock a cui la protagonista è sottoposta nella realtà di Nel fantastico mondo di Oz (1985) – diretto da Walter Murch e prodotto ancora una volta dalla Disney –, un’operazione ancora più interessante si rintraccia in I’m Magic (1978) di Sidney Lumet: il regista statunitense cala infatti il musical nel grigiore urbano di New York, e interpreta l’intera favola in chiave blaxploitation, scegliendo come protagonisti Diana Ross, nei panni di Dorothy, e Michael Jackson, nel ruolo dello Spaventapasseri.

Per comprendere in quale misura l’immaginario cinematografico sia stato influenzato dalla penna di Baum, basta considerare quanto l’intera produzione di David Lynch sia intimamente pervasa da riferimenti al romanzo e al musical del ’39: il suo Cuore selvaggio (1990) – atipico road movie vincitore della Palma d’Oro a Cannes – è esplicitamente un grottesco omaggio a Il mago di Oz.

Probabilmente Dorothy ritroverà ogni volta la strada di casa grazie alle sue scarpette rosse: quel che è sicuro, però, è che qualcuno continuerà a richiamarla nel magico mondo del cinema. Proprio come nel meraviglioso regno di Oz.