L’ironica banlieue di Benchetrit arriva a Cannes

Asphalte”, primo adattamento da un suo romanzo del regista e scrittore francese. Da ex ragazzo di periferia si diverte a raccontare la bizzara umanità che vive in un palazzone. Con Valeria Bruni Tedeschi e Isabelle Huppert…

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Dal romanzo al cinema, passando di nuovo per la letteratura. La carriera artistica di Samuel Benchetrit è caratterizzata da una continua oscillazione tra libro e grande schermo. Il regista e scrittore francese porterà infatti al Festival di Cannes il suo nuovo film Asphalte, tratto dal suo romanzo Cronache dall’asfalto (edito in Italia da Neri Pozza nel 2007) ispirato alla propria infanzia trascorsa nella periferia parigina. Il quinto lungometraggio di Benchetrit, già dietro la macchina da presa per film come Janis et John con Marie Trintignant e J’ai toujours rêvé d’être un gangster, miglior sceneggiatura al Sundance Film Festival del 2008, vedrà protagonisti Michael Pitt, Isabelle Huppert e Valeria Bruni Tedeschi e sarà sulla Croisette tra le proiezioni speciali. Si tratta del primo tentativo di trasposizione cinematografica di un romanzo da parte del regista e scrittore francese, che ha scelto il libro probabilmente più personale, Cronache dall’asfalto, in cui la quotidianità di una banlieue parigina è mostrata nell’attraversamento verticale, dal piano terra fino all’ultimo e riscendendo, di un palazzone anonimo, una di quelle torri interminabili che spesso ritagliano cinicamente il paesaggio. Il suo alter-ego Samuel, io narrante del libro, si aggira tra i vari piani dell’edificio e ci porta attraverso le vite dei condomini, tra amori e amicizie, desideri e delusioni. Ci imbattiamo così al primo piano in Stern, lo scorbutico anziano che non vuole pagare il rinnovo dell’ascensore e lo prende solo di notte, senza farsi vedere; nella famiglia Bouteillé, spazzini per tradizione; in Catherine del quarto piano, che si concede ai giovani ragazzi per dimenticare i tradimenti del marito o nel piccolo Touré, che passa una giornata intera a penzoloni sul davanzale della finestra pensando di saltare giù.

La periferia è raccontata in modo vivace e ironico da Benchetrit, con tono tenero e tuttavia disincantato, sconfinando talvolta perfino nel grottesco – come nell’episodio in cui la signora Hamida accoglie con sorprendente generosità e tranquillità un astronauta finito sul tetto dello stabile. Ben lontano, insomma dai toni cupi de L’Odio (La Haine) di Mathieu Kassovitz, dove, per Vinz (Vincent Cassel) e i suoi amici, violenza e conflitto, vendetta e rivolta rappresentavano i compagni di ogni giorno. Nella narrazione di Benchetrit, piuttosto, la rabbia e la violenza lasciano il campo a una realtà complicata, ma in cui nulla è perduto, dove trova posto un sentimento di umanità e comunità tra gli abitanti della banlieue che dischiude lo spazio per la speranza. Le cronache dalla periferia dello scrittore e regista francese assumono, allora, un colore che va sfumando, dal nero verso il grigio, quel grigio di un asfalto che nel suo racconto sembra ammorbidirsi.