Locarno/2 Quei genitori “disabili” che parlano di noi

Un doc sorprendente e necessario sulle famiglie che vivono la realtà dell’handicap attraverso figli, fratelli… Lo firma Alberto Fasulo già premiato per il suo “Tir”. Presentato al festival svizzero arriverà in sala per l’Istituto Luce…

GENITORI_2RParlare di handicap è una delle cose più difficili in generale, figurarsi per il cinema. Messe da parte le pietre miliari, da Qualcuno volò sul nido del cuculo a Rain Man, passando per L’ottavo giorno, spesso i film che toccano certi argomenti compiono sempre lo stesso errore: non solo mostrare il disabile con consueta retorica buonista, ma soprattutto farlo sembrare “super”, una sorta di super eroe che nonostante l’handicap “riesce a fare tutto quello che fanno gli altri”. Inseguendone la “normalità”, piuttosto che valorizzandone la “diversità”. Che poi significa fragilità, debolezze, insomma, umanità.

Ebbene, in questo senso Genitori è un lavoro davvero sorprendente. Alberto Fasulo, già autore del premiato Tir, entra nelle vite “normali” di genitori o fratelli di disabili per coglierne fragilità ed umanità, attraverso il loro confronto quotidiano con l’handicap, “materia” che spiazza, mette in discussione, ma anche arricchisce, come ogni diversità.

Chiuso quasi esclusivamente all’interno di una sala, Genitori trova la sua forza proprio nel suo essere esclusivamente di parola e primi piani, senza mai uscire “fuori” e mostrare gli “oggetti” della discussione.

Eccoci così davanti ad una terapia di gruppo. Sì, quella che praticano da sedici anni genitori  – madri soprattutto – e familiari di disabili, in modo autonomo ed autogestito, in una località del nostro Nord Est per condividere e scambiarsi esperienze, per affrontare insieme la “diversità”, sia per risolvere questioni pratiche ma anche e soprattutto psicologiche, propie e dei loro familiari. Spesso ragazze e ragazzi con problemi motori o mentali, causati da incidenti stradali, improvvisi, o dalla nascita.

Della sessualità del suo Jimmy, per esempio parla una signora francese da anni in Italia. La difficoltà nel fargliela vivere con una coetanea, alla luce del sole, come tutti. Un problema comune, enorme, soprattutto quando investe la sfera affettiva. Una di queste mamme racconta della figlia che, per sopperire alla mancanza, ha inventato un fidanzato immaginario con cui idealizza di andare a convivere in futuro come ha visto fare ai suoi fratelli con le proprie compagne.

Ma soprattutto, poi, ci sono i sensi di colpa. La consapevolezza dei tanti errori fatti, perché genitori esperti non si nasce e spesso non lo si diventa neanche. Quando una di queste donne scoppia in lacrime raccontando di non aver soccorso una delle figlie nel momento del bisogno, per non distogliere l’attenzione dal fratello disabile, è un colpo al cuore, un’epifania di potente umanità.

Così come quando sono i fratelli “sani” a raccontarsi, a dire delle difficoltà di vivere in queste “famiglie disabili”, di spiegarlo alla “gente”, per capire alla fine che la gente, gli altri, siamo noi.