Metti una sera al cinema con i “ribelli” di Cinecittà

Si è appena conclusa la terza edizione di Cinecittà Film Festival, la rassegna “resistente” a sostegno delle battaglie dei lavoratori degli storici studi di via Tuscolana, minacciati dal piano di “cementificazione”. A Dario Argento il premio Ben-Hur, vince la rassegna “Banglad” di Lorenzo Berghella, ma c’è tanto altro…

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Il Parco degli Acquedotti si riempie di gente, un pubblico composto, solidale che sostiene lo spirito della fabbrica dell’arte cinematografica, in silenzio fino a quando alla fine qualcuno grida: “Bravi…”.  Tra il pubblico e gli organizzatori si sente, “Cinecittà è nostra e dobbiamo riprendercela”, “Cinecittà è la più grande industria culturale del paese” e “Non permetteremo la cementificazione”.

È quasi più facile farli i film che distribuirli, questo festival da una mano a quelli che stentano ad arrivare in sala e che meritano, invece, un pubblico. E in più c’è il sostegno dei cittadini alla lotta dei lavoratori degli studios. Con questo spirito si svolge il Cinecittà Film Festival, con tanta passione, le due arene, il piccolo ristorante bar e tutto intorno è attraversato da chi con le telecamere riprende, fotografa, suona, cucina.

Il pubblico che fa capannello, discute, si riconosce, si saluta, d’incanto forma una comunità partecipe che esce dai social e si materializza per perdersi davanti a uno schermo che all’improvviso si anima e ci emoziona, ci fa ridere, ci fa discutere. L’arena piccola, detta “area Switch-Back”, trasmette un’animazione, alla sala grande è in corso un dibattito. Subito dopo musica e poi film in concorso.

Una vera riconquista del territorio, con la sola arma della cultura, la più forte. Il Parco degli Acquedotti, vicino ai ruderi di Mamma Roma e vicino a quegli archi imponenti, antichi, fieri e generosi e a loro modo resistenti che diedero alloggio ai diseredati del Sud sbarcati a Roma in cerca di dignità e che incontrarono l’aiuto del disobbediente don Roberto Sardelli con la sua scuola 725.

Qui, dal 7 al 10 luglio, si è svolto per la terza volta il festival nato a sostegno delle battaglie dei lavoratori di Cinecittà studios contro il piano di Abete & Co. che prevede l’edificazione di un albergo, boutique e 4 mila parcheggi all’interno del perimetro degli studi.

Dall’altra parte un popolo che si organizza, non obbedisce, vuole fermare i licenziamenti e rilanciare la produzione culturale e cinematografica e lo fa con ogni mezzo, anche attraverso un festival autogestito, autofinanziato e a ingresso gratuito, senza alcuno sponsor privato, ma realizzato con l’impegno di cittadini, lavoratori e artisti.

Tanti artisti “resistenti” anche loro, come resistenti sono i movimenti che animano il festival, la Rete Territoriale VII municipio Cinecittà Bene Comune con Alessandro Luparelli e Manuela Calandrini, lavoratrice e Rsu di Cinecittà Studios. Tra i tanti ospiti sono passati Citto Maselli, decano del cinema militante che dalla prima ora ha sostenuto le lotte dei lavoratori degli Studios, così come Stefania Brai, sua compagna di vita e responsabile cutura di Rifondazione; Wilma Labate, che dopo la proiezione del suo documentario, Qualcuno di noi, parlando al pubblico ricorda che “il cinema ha il dovere di raccontare la realtà”, anche quella più scomoda e dimenticata come quella della “guerra con cui dobbiamo fare i conti in tutti i sensi, anche culturale”.

E ancora Costanza Quatriglio che, presentando il suo durissimo 87 ore dedicato a Francesco Mastrogiovanni, l’anarchico salernitano fatto morire in un reparto psichiatrico, ha ribadito il suo pieno sostegno alla battaglia per Cinecittà. Come pure Dario Argento che, ricevendo il premio Ben-Hur esorta a “ridare subito dignità agli studios”.

Tra il pubblico anche Marco Asunis e Patrizia Masala, Presidente e Vice Presidente della Ficc, Federazione Italiana dei Circoli del Cinema, venuti a portare la loro solidarietà dalla Sardegna. Tra le tante sigle in sostegno anche l’Associazione culturale Greve61, La salita del Quadraro, Radiosonar. net, i Diari di Cineclub e Bookciakmagazine.

A vincere la terza edizione del festival è stato Bangland di Lorenzo Berghella, classe 1990, film d’animazione prodotto dal basso, attraverso i laboratori di cinema ideati da Gianluca Arcopinto. E il suo autore l’ha presentato così: “L’idea è di affrontare tematiche attuali come politica, guerra, terrorismo, religione e mass-media attraverso un mix originale di satira, noir, commedia nera e thriller d’azione, in una storia corale in cui le vicende dei vari protagonisti sono importanti tanto quanto lo scenario socio-politico in cui si svolgono”. Noi l’abbiamo visto e ci è piaciuto tanto, come anche gli altri titoli in programmazione.

Più in la, delle coppie di ragazzi hanno gettato dei plaid per terra e tra un bacio e una carezza seguono le immagini sullo schermo, i dibattiti e gli applausi del pubblico. La serata è giunta al termine ma lo spirito di questo festival di “ribelli” resta. E con lui il desiderio di combattere con la cultura il precariato dell’esistenza.


Angelo Tantaro

Direttore di "Diari di Cineclub"