New York 1981: l’oro nero sul sogno americano
In sala dal 4 febbraio il film di J. C. Chandor con Oscar Isaac e Jessica Chastain. Un racconto nostalgico del secolo scorso con l’eroe che tenta di restare senza macchia, nell’enorme business dell’olio combustibile e della finanza. Tra Brecht e Mamet…
È il 1981, l’anno in cui il crimine incendia la grande New York e dà luogo ad una serie numerosissima di delitti: l’anno passato alla storia come il più violento della città. Il racconto è quello di un eroe del capitalismo convenzionale – Abel Morales, commerciante grossista di olio combustibile – il quale deve passare attraverso il compimento delle sue doverose fatiche, per conquistare lo spazio vitale che occorre alla propria azienda per continuare a prosperare. Ossia per non fallire.
J.C. Chandor racconta storie con la consapevolezza di un Mamet o di un Brecht. Brecht: “Nell’uomo c’è molto, noi diciamo: dunque, si potrà far molto dell’uomo”. Proprio con questa cognizione della complessità umana, Chandor affronta di petto ciò che oggi domina le nostre vite: l’economia; lo specchio crudele nel quale, con terrore, possiamo, anche, riconoscerci. Si serve di racconti eterodossi. A partire dal soggetto in questo suo ultimo 1981: indagine a New York.
L’oro nero, i territori a perdita d’occhio, i pozzi con i loro scheletrici stantuffi, le “Boom Town”, città “estrattive” nate all’improvviso e altrettanto rapidamente divenute città fantasma, gli alti spruzzi di quella sostanza oleosa. Nel racconto metropolitano hollywoodiano, il petrolio diveniva infine solo “immateriale”, solo azioni e profitti: una delle voci delle tabelle luminose di Wall Street.
In questo film, divenuto olio combustibile, il petrolio, come il vecchio whisky di contrabbando del proibizionismo di buona memoria, ritrova corpo: passa “materialmente” da un’autobotte ad un’altra, minando la ricchezza di qualcuno, rendendo più ricco il ladro. Con la stessa sfrontatezza dello scambio azionario, ma rivelando il “volto” del ladro: gioco, questo, che appassiona il regista.
J.C. Chandor (Margin Call) si è ricavato il suo spazio ad Hollywood con la superba capacità di disegnare caratteri presi in prestito dalla tragedia classica, dal mito. Il resto è palcoscenico, con una scenografia color pastello, con il protagonista che indossa un cappotto di cammello che sembra la corazza di un cavaliere senza macchia e senza paura: le catastrofi finanziarie, le “furbate” da trader, o le avversità da superare per fare arrivare una azienda al successo – come in questo caso – in cui li fa muovere, paiono soltanto ambientazioni, circostanze, tanta è la forza evocativa universale che sommano.
Chandor, scrittore e regista, va al cuore del profondo, arriva nell’animo dei suoi personaggi, toglie loro ogni protezione e li espone allo sguardo degli spettatori, come oggetti di studio. Con una consapevolezza: che le battaglie più cruenti si combattono dentro di noi. O nello spazio sottile che ci separa dagli altri.
L’eroe Abel Morales (Oscar Isaac), immigrato di successo, è incaricato di realizzare il più americano dei sogni americani, ossia consolidare la propria azienda, e di farlo restando puro, come lo stesso sogno americano richiederebbe. Abel fa infatti richiami alla rettitudine e alla morale ma, nonostante il suo status da “eroe”, nemmeno lui è puro. In realtà, non c’è posto per gli ingenui tra i commercianti di olio combustibile. Tutti sono, anche la moglie, anche il socio, sempre, alla ricerca di compromessi, di astuzie, e di raggiri, quando è proprio il caso.
Ironicamente appare come se l’azienda di Abel Morales venga derubata solo perché non è stata sufficientemente rapida a derubare gli altri. Magari in passato l’ha anche fatto. Così le autobotti di Abel vengono sottratte, il loro carico prezioso viene prelevato. Il nemico è indistinto; di sicuro è un “collega” di Abel, un altro commerciante di olio, ma in realtà è ognuno di quella congrega che a tratti sembra un solo pacifico sindacato di categoria ma che alligna imprenditori voraci come squali.
Abel è l’uomo che già ha avuto successo, che stabilisce criteri più o meno validi per l’insieme di cose che governa, che impartisce lezioni di vendita ai suoi rappresentanti, che ascolta in auto la sua radio aziendale coi dispacci dei movimenti delle autobotti, come un generale che voglia essere sempre informato dei movimenti delle sue truppe, il quale, da un certo punto in poi della sua vita, vuole girare pagina e vivere in rettitudine, non smarrire più la propria umanità.
Le circostanze sono tenebrose. Le autobotti rubate e svuotate, gli autisti malmenati, lui e la sua famiglia minacciati seriamente.
In molti vogliono mettergli un’arma carica in mano, o armarsi loro stessi, o indurlo alla violenza omicida. Abel è invece saldo e determinato come un guerriero templare e resiste. Il cervo finito in un incidente sotto le ruote della sua auto, l’autista fedele e turbato cui tocca l’estrema sorte, sono vittime sacrificali, affinchè qualche dio accolga e promuova il suo progetto fino in fondo, fino alla realizzazione. Cosa che avviene.
Una vecchia proprietà, difesa da custodi che sono esponenti della comunità ebraica newyorkese, dei magazzini usati per i tessuti, viene rilevata da Abel, cede il passo al commercio di olio combustibile. L’ “eroe” ha dimostrato coraggio e compostezza, è stato il capo giusto della sua piccola comunità, ed è stato premiato: ora l’azienda vivrà e prospererà. Il sogno americano del capitalismo materiale, dal “volto umano”, può sopravvivere ed infondere ancora fiducia.
Un racconto nostalgico, del secolo scorso, che oggidì suona beffardo, volutamente antiquato, per quanto gli anni successivi sono riusciti a combinare, in una riflessione che il film spietatamente introduce, come disegno e come paragone, lasciando che J.C. Chandor centri ancora una volta il bersaglio del suo incalzante ragionamento sull’uomo.
Enzo Lavagnini
Regista, sceneggiatore, produttore e critico cinematografico. Suoi i documentari: "Un uomo fioriva" su Pasolini e "Film/Intervista a Paolo Volponi". Ha collaborato con Istituto Luce, Rai Cultura e Premio Libero Bizzarri. Tra i suoi libri, "Il giovane Fellini" , "La prima Roma di Pasolini". Attualmente dirige l'Archivio Pasolini di Ciampino
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