Resta in carcere la regista e attivista iraniana. Libertà per Maysoon Majidi e Marian Jamali


Maysoon Majidi resta in carcere. L’ha deciso il 18 settembre il Tribunale di Crotone rigettando l’istanza di modifica della misura cautelare dal carcere agli arresti domiciliari per l’attivista curda iraniana arrestata dalla Guardia di finanza con l’accusa di essere la scafista di una imbarcazione che ha condotto in Italia 77 persone sbarcate il 31 dicembre 2023.

“Io e mio fratello abbiamo fatto questo viaggio per salvarci la vita ed essere liberi in Europa” ha detto Maysoon Majidi dopo aver raccontato in tribunale le fasi della traversata.

Regista e attrice di 28 anni, Maysoon è stata allontanata dall’Università del suo paese per il suo impegno politico e sociale, ha ricevuto minacce e per sfuggire al regime degli ayatollah,  la cui oppressione si è intensificata dopo le proteste scaturite a seguito della morte di Mahsa Jina Amini, ha lasciato il Kurdistan nel 2023. Per evitare la persecuzione, ha attraversato a piedi le montagne in Turchia, riuscendo poi ad imbarcarsi.

Nella sua lettera dal carcere, pubblicata il 5 settembre su Il Manifesto, Maysoon racconta di essere stata arrestata senza spiegazioni dopo aver dichiarato ai poliziotti di essere un’attivista politica diretta in Germania. A nulla è servito: trasferita su un autobus bianco è stata arrestata e condotta nel carcere di Reggio Calabria dove è detenuta da nove mesi.

Una situazione simile riguarda Marjan Jamali, 29 anni, anch’essa iraniana, mentre fuggiva dalla violenza del regime e della sua relazione, è stata accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e ospitata dalla cooperativa “Jungi Mundu” a Camini con il figlio di otto anni. Marjan verso la fine di ottobre è stata arrestata dalle autorità italiane dopo lo sbarco a Roccella Jonica. Tutto ciò è avvenuto sulla base delle dichiarazioni di tre uomini iracheni, ora scomparsi, imbarcati con lei e nei confronti dei quali Marjan ha denunciato tentativi di violenza sessuale.

“Donna, vita, libertà: il caso di Maysoon Majidi e Marian Jamali”, con questo titolo si è svolta il 18 settembre alla Camera dei Deputati una conferenza stampa organizzata da Luigi Manconi, Presidente di A Buon Diritto Onlus, con la partecipazione di Laura Boldrini, Marco Grimaldi, Parisa Nazari, Riccardo Noury di Amnesty International e Ferdinando Laghi, tutti impegnati a chiedere il rispetto dei diritti umani e la libertà per le due donne.

L’articolo 12 del Testo Unico sull’Immigrazione, così come applicato, criminalizza la migrazione stessa, contrariamente al diritto internazionale che riconosce l’ingresso irregolare come possibile unica opzione per chi cerca protezione in assenza di canali regolari e sicuri.

Invece di riformare la legge, il governo italiano ha inasprito le pene per i presunti scafisti con il DL 20/23, come promesso dalla premier Meloni dopo la tragedia di Cutro. Maysoon e Marjan sono coinvolte in questa retorica punitiva, che minaccia i diritti delle persone in fuga da crisi e abusi.