Ritratto di papa Francesco da piccolo. Compreso lo scampato naufragio, in un doc
In sala il 16 e 17 dicembre (giorno del compleanno del Papa), “Il Nostro Papa” doc di Marco Spagnoli e Tiziana Lupi dall’omonima biografica di Bergoglio scritta dalla giornalista per Mondadori. Un Bergoglio poco conosciuto, quello dei primi anni, dall’infanzia all’adolescenza e infine alla giovinezza fino alle soglie del sacerdozio. Centrale il tema dell’emigrazione, vissuta dalla stessa famiglia del Papa. Con un narratore che via via assume un tono sempre più “pretesco”. Distribuisce Istituto Luce Cinecittà …
Per i laici si è trattato del Caso, della dea Fortuna. Per i credenti è impossibile non vederci la mano della Divina Provvidenza. Il fatto certo è che il 27 ottobre del 1927 la nave italiana Principessa Mafalda, partita da Genova per andare a Buenos Aires, carica di ricchi viaggiatori ma soprattutto italiani disperati che lasciavano l’Italia in cerca di fortuna nel nuovo mondo, fece naufragio e ben 314 persone persero la vita.
Era quella che oggi si definirebbe una carretta. Una nave vecchia con i motori ormai andati che più volte si fermarono durante il viaggio fino a quando si spezzò l’albero motore e un’elica tranciò lo scafo provocando la tragedia.
Ebbene, su quella nave avrebbe dovuto esserci anche la famiglia Bergoglio, nonna Rosa e figli, i diretti antenati di colui che sarebbe diventato Papa Francesco. Li salvò un ritardo nel reperire tutti i documenti e così giunsero serenamente in Argentina, l’anno seguente, con la Giulio Cesare.
Erano gli anni del grande esodo. Milioni di italiani, 20 in pochi decenni, lasciarono le regioni povere del Sud e in minor parte del nord più povero, inseguendo la speranza di un mondo migliore nel nord Europa oppure, come in questo caso, nelle Americhe. E l’Argentina fu il miraggio più inseguito.
Ecco allora spiegato con l’esperienza diretta della famiglia – l’altro è di carattere dottrinale – uno dei due motivi per il quale Papa Bergoglio batte sul tema dell’accoglienza ai migranti, invocando pietà umana e comprensione politica per la complessità del fenomeno migratorio. Perché il Papa si chiede continuamente, ed è una domanda che interpella ognuno: perché loro e non io?
Il 17 dicembre Francesco, è nato nel 36, compie 83 anni e fra i regali che sta già ricevendo ci sarà anche un film, meglio un docufilm, a lui dedicato. Ed è in questo film che si racconta, fra l’altro, l’episodio fondamentale dello scampato pericolo dei Bergoglio nel 27.
Si chiama Il nostro Papa, prodotto dalla Red film in collaborazione con l’argentina Lazos de sangre e Rai cinema, in uscita evento il 16 e 17 prossimi in 50 copie dall’istituto Luce. Poi andrà nell’home video, nell’on demand e certamente, anche se non è certa la data, passerà in tv.
È tratto dal libro omonimo, edito da Mondadori, scritto da Tiziana Lupi che assieme a Marco Spagnoli ne cura anche la regia. Nei prossimi giorni ci sarà una visione privata in Vaticano ed è altamente probabile che il Papa lo veda. Ed è altrettanto probabile che lo apprezzi. Si tratta infatti di una accurata biografia del Bergoglio poco conosciuto, quello dei primi anni, dall’infanzia all’adolescenza e infine alla giovinezza fino alle soglie del sacerdozio.
Gli episodi che ne emergono sono tanti e gustosi a certamente delicatezze per il palato di un pubblico molto interessato alla conoscenza delle più recondite radici personali del Pontefice.
Però non aspettatevi un docufilm, dal punto di vista del prodotto cinematografico, innovativo. L’espediente narrativo è quello di un attore spagnolo, impersonato da uno strafigo come Jago Garcia, volto televisivo di Ballando con le stelle, che deve fare un film niente di meno che su Papa Francesco giovane. E che per calarsi nella parte vuol capire chi è e da dove viene l’uomo Jorge Bergoglio a partire dalle origini familiari. Ed è a questo proposito che si ricostruisce una storia che inizia da Genova, dal porto da cui partivano gli italiani quando erano loro a dover attraversare i mari in cerca di fortuna, a costo anche della vita.
Scorrono, ed è la parte decisamente più coinvolgente del doc, immagini bellissime e tragiche, tratte dagli immensi archivi dell’Istituto Luce, dei volti disperati che salivano a bordo con i loro carichi di povere cose e tanta speranza, stivati peggio delle bestie per viaggi di 15 giorni se non di più. E ancora immagini, mentre vengono ricordate le cifre di quell’immenso esodo, degli stanzoni dove bivaccavano in attesa della partenza.
E di quelli che gli accoglievano all’arrivo. Ecco, queste immagini meriterebbero di essere viste da chi oggi fa delle migrazioni un cavallo della battaglia politica spicciola e istiga all’odio contro i nuovi dannati della terra, dimenticando che appena un secolo fa quelli neri, brutti, sporchi e cattivi eravamo noi
Poi dunque l’Argentina, Buenos Aires, la casa, le strade, le chiese tutte ormai con targa commemorativa dove visse, giocò a pallone, pregò Francesco, raccontate secondo un banale ordine cronologico, forse perfino un tantino noioso, mentre il nostro protagonista, via via che viaggia e vede e conosce, assume un tono di voce sempre più meditabondo e atteggiamenti che un buontempone in vena di scherzare coi santi potrebbe definire pretesco.
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