“Sarah & Saleem”, l’adulterio (di stato) nella Gerusalemme contesa

In sala dal 24 aprile (per Satine Film), “Sarah & Saleem”, opera seconda del giovane regista Muayad Alayan che, attraverso l’adulterio tra una israeliana e un palestinese, inscena la follia e i paradossi imposti nel privato dalla politica legata al sanguinoso conflitto tra i due popoli. Con Gerusalemme, teatro dello scontro, capitale contesa di Israele e città Santa nell’Ebraismo, nell’Islam e nel Cristianesimo, che fa la parte della protagonista. Da vedere …

Ci sono alcuni film sul Medio Oriente, che trattano il tema del “pretesto”, dell’”equivoco”, o meglio, di come si riesca a montare un fatto piccolo, talvolta irrilevante, facendolo diventare un grosso problema, e più si va avanti e più diventa complicato sbrogliare la matassa.

Ciò è particolarmente vero laddove si vive ai confini, o vicino ai muri, o nelle città divise (Nicosia come Gerusalemme), laddove le differenze sono etniche, di religione, di filosofia del mondo. Questi film hanno il compito importantissimo di palesare le stupidità dei regolamenti, mostrare le assurde contrapposizioni, e la paranoia della diversità.

È il caso del film libanese L’insulto di Zia Doueiri del 2017, così come il recentissimo film cipriota Torna a casa, Jimi!, di Marios Piperides. Nel primo da una perdita d’acqua del balcone si arriva a un confitto di dimensioni abnormi finendo in tribunale; nel secondo i divieti e l’applicazione rigida delle normative europee costringono un giovane musicista spiantato a chiedere aiuto a persone poco raccomandabili per compiere atti illegali.

Qualcosa di simile accade anche in Sarah & Saleem-Là dove nulla è possibile, opera seconda del giovane regista palestinese, Muayad Alayan, in cui l’equivoco e il desiderio di revanche portano in galera un mite fattorino arabo che fa le consegne per un panificio. Anche nel suo primo film Amore, furti e altri guai del 2015, il regista aveva già costruito un intrigo politico attorno a un equivoco, nel quale viene messo in mezzo un ladro ingenuo.

Col titolo originale The Reports On Sarah And Saleem, il film ha vinto il Premio del Pubblico Huber Bals e il Premio Speciale della Giuria al Festival di Rotterdam, ma vediamo di seguito qual è la vicenda.

Sarah (interpretata da Sivabe Kretchner) gestisce un bar a Gerusalemme, mentre Saleem (interpretato da Adeeb Safadi) consegna proprio in quel bar i croissant appena sfornati dal panificio. Lei è ebrea e lui si presume musulmano, in quanto arabo. Si conoscono così sul lavoro, al bar, e tra loro si accende un rapporto passionale. Si incontrano la sera tardi, fanno l’amore nel retro del furgone, sono una coppia clandestina e adultera. Nessuno sa nulla della vita dell’altro, al di fuori del fatto che sono entrambi sposati.
Bisan (Maysa Abed-Alhadi), la moglie di lui, studia all’Università, è rispettosa delle tradizioni ed è incinta all’ultimo mese, ha quindi timore di fare male al bambino se fa sesso con il marito. David (Ishai Golan), il marito di lei, è un Colonnello della sicurezza israeliana, essendo quindi molto impegnato nelle azioni di pattugliamento, rientra quasi sempre la sera molto tardi e stanco. I due amanti, dunque, sembrano riempire con il sesso i vuoti affettivi.

Poiché Saleem ha bisogno di soldi, specialmente ora che sta per diventare padre, accetta un lavoro extra che gli propone il cognato: fare consegne “notturne” anche fuori Gerusalemme. Non domanda neanche cosa debba consegnare. Una sera deve andare a Betlemme e porta con sé anche Sarah. Convinti che lì non li conosce nessuno, entrano in un bar per bere una birra in pace: un palestinese molesta Sarah, Saleem lo picchia e ne nasce una rissa. Il palestinese giura vendetta.

Da lì in poi è un crescendo di equivoci, Saleem è arrestato, accusato di spionaggio e d’istigazione alla prostituzione di donne israeliane. Qualcuno dei servizi segreti palestinesi riesce a farlo uscire a patto che lui scriva che la donna israeliana non è una prostituta, ma una donna che lavorava per lui (è solo “una formalità”, gli dicono). A malincuore lui scrive ciò che gli viene dettato.

Lo rilasciano, torna a casa sfigurato dalle botte, e la moglie lo accudisce, ignara della verità. Ma la sfortuna lo insegue e anche la polizia israeliana lo perseguita perché è sospettato di essere un sovversivo. La polizia vuole sapere a tutti i costi chi sia la donna traditrice. Lui non fa nomi, tace rischiando dieci anni di carcere. Saleem rimane in prigione e la sua vicenda diventa un caso politico, nell’equivoco che sia veramente parte della resistenza palestinese.

Così i rispettivi coniugi vengono a sapere dell’adulterio: David inizia a credere che la moglie sia realmente una traditrice e coinvolta in azioni sovversive, Bisan si sente tradita e offesa in quanto donna, moglie e futura madre. Varie vicende tra ricatti, minacce e quant’altro porteranno a un finale in cui, ad uscirne meglio sono le donne, lasciando intuire un filo di speranza per il futuro.

Ma la vera protagonista del film è Gerusalemme, la città Eterna, teatro dei conflitti, capitale contesa di Israele e città Santa nell’Ebraismo, nell’Islam e nel Cristianesimo.

La città “unita e divisa” si trova in mezzo alle montagne su una spianata rocciosa alta sulla valle incassata e, fuori le mura della città vecchia, si espande sulle pendici la città moderna, disordinata, fitta di edifici tutti diversi tra loro. È questo lo scenario di Sarah & Saleem, una tresca a sfondo sessuale come tante, se non fosse che lui era palestinese e lei israeliana.